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Accorgimenti per non essere presi in giro dai dati

Come ogni estate che si rispetti, insieme al caldo, arrivano puntuali le statistiche su cosa faranno gli italiani in vacanza nella bella stagione. Ce ne sono per tutti i gusti. Leggo su Repubblica on-line (27 giugno) che il mare perde consensi, visto che gli Italiani decideranno in misura crescente di andare a visitare un Paese europeo, oppure opteranno per le città d’arte e i viaggi itineranti, rinunciando magari alla tintarella in riva al mare. La ricerca oggetto dell’articolo di Repubblica, disponibile sul sito dell’Osservatorio mensile della Findomestic (che la promuove), è realizzata in collaborazione con Doxa. Ovviamente, grandi feste sui social perché il prodotto turistico della plebe mostra segni di flessione, mentre nonostante il caldo torrido in tutta Europa, gli italiani non vedono l’ora di sudare girovagando nelle città d’arte del vecchio continente. Ma le cose stanno davvero così? Forse. I miei due centesimi li punterei sul probabilmente no. E vi spiegherò anche perché. Intanto vi avviso di una cosa. Non è un post su dove andranno in vacanza gli italiani, ma su come l’ignoranza di elementi basilari di metodologia statistica e comportamento dei turisti inducono molti di noi a travisare i fenomeni tradendo conclusioni sbagliate.

La prima cosa da notare è che la ricerca che ho citato nell’introduzione indaga sulle intenzioni di viaggio. I limiti metodologici di queste indagini sono noti. In primo luogo ci possono essere errori di campionamento. Data la dimensione del campione (n=759) e la sua composizione, personalmente tendo a non considerare come significativi variazioni di alcuni punti percentuali di anno su anno. Nel caso specifico quest’anno il 59% degli intervistati ha affermato di voler andare al mare, mentre nel 2018 erano il 65%. Secondo, c’è sempre una quota di persone che non risponde o risponde non so/sono indeciso. Nel caso sotto il nostro esame è il 16% (sia nel 2019 che nel 2018), una quota sufficiente a modificare la classifica delle preferenze. Il terzo limite è dato dal fatto che in questo tipo di indagine le persone tendono spesso a rispondere a caso, a non pensarci troppo o a non comprendere le domande. Inoltre, non è irrilevante il modo in cui vengono fatte le interviste; una cosa è farle on-line senza assistenza, un altro al telefono in modo assistito. Infine, il limite più importante di tutti. Tra intenzioni e comportamenti effettivi, c’è di mezzo la realtà. Budget, situazioni familiari e il contesto generale in cui si prendono le decisioni, compreso il meteo, trasformano le intenzioni in notevoli bugie. E’ per questo motivo che i dati di Amazon (cosa la gente in pelle e ossa acquista) hanno molto più valore dei Likes di Facebook (cosa la gente in pelle e ossa e digitale dice di gradire in pubblico).

Sempre in questo periodo, Europ Assistance conduce, da quasi dieci anni, una ricerca simile a quella di Findomestic. In questo caso, si intervistano turisti di 12 Paesi, tra cui l’Italia. Il campione italiano dallo scorso anno è di 1000 intervistati on-line (prima era di circa 600 persone). Secondo i dati provenienti da questa ricerca, Il 68% degli italiani sceglierà nell’estate 2019 spiaggia e ombrellone. Erano il 70% lo scorso anno e il 75% nel 2012. Da questa ricerca dovremmo trarre due conclusioni. Gli italiani in maggioranza “bulgara” esprimono una preferenza verso il mare. Qualcuno, tuttavia, dice a parole di pentirsi e ha intenzione di tradire il mare con altre località. A parte la notevole differenza del dato nelle due ricerche, la domanda è: a chi dobbiamo credere? La risposta può venire sono dai dati che analizzano i comportamenti effettivi degli italiani.

I comportamenti effettivi possono essere analizzati in tre modi. Il primo consiste nelle classiche indagini campionarie attraverso domande fattuali; ad esempio, dove sei stato in vacanza l’anno scorso? In questo senso una fonte imprescindibile di dati sul comportamento dei turisti italiani è l’indagine Viaggi e Vacanze effettuata dall’ISTAT condotta mensilmente con tecnica CAPI (Computer Assisted personal Interview) su un campione teorico nazionale di 28.000 famiglie (pari a 7.000 famiglie per trimestre). Purtroppo i dati pubblicamente accessibili non consentono di analizzare il numero di persone andate al mare in estate ogni anno, tuttavia abbiamo il dato complessivo annuale del numero dei viaggi. Ebbene eccovi i dati (arrotondati) della percentuale di viaggi di piacere e svago al mare sul totale dal 2014: 49,49,48,47,47 (nel 2018).  Nella precedente serie di dati della stessa indagine (condotti con metodo CATI) dal 1998 al 2013, il dato è variato da un minimo del 44% registrato nel 1998 ad un massimo del 46.6% registrato nel 2004. In sostanza, in modo più o meno stabile, la metà dei viaggi di piacere in Italia degli italiani termina sotto l’ombrellone.

Un secondo modo di analizzare i comportamenti effettivi è attraverso le registrazioni  presso le strutture ricettive. Il classico dato degli arrivi e delle presenze, organizzato per tipologia di località turistica ci dice molto delle preferenze dei turisti che scelgono strutture ricettive gestite in forma imprenditoriale. Anche in questo caso non ho disponibile il dato sulla sola estate, ma su tutto l’anno. Ebbene, non mi sembra di notare grandi cambiamenti. Il 37% delle presenze registrate dai turisti italiani è presso località di mare più o meno in modo stabile dal 2010. Fa eccezione il 2016, quando si registra il 35% e il 2018, dove si è rigirato il 40%. Attenzione, perché  il dato non considera le località censite come Non Altrimenti Classificate, molte delle quali – non so per quale motivo – sono proprio località di mare.

Il terzo dato sono le tracce digitali, dalle prenotazioni ai pagamenti. Purtroppo, questi dati sono molto frammentati e poco disponibili pubblicamente.

Morale della favola. Primo, non fatevi ingannare dai dati di ricerche che sondano le intenzioni, soprattutto quando non è chiara la metodologia. Non dico che siano inutili, ma che vanno interpretati utilizzando tutte le cautele e gli strumenti del mestiere del caso. Secondo, i dati comportamentali ci mostrano che negli anni non si sono verificati grandi cambiamenti, ma piccole oscillazioni che possono essere spiegate dalla situazione economica, dal clima e dal calendario. E questa è una lezione generalizzabile. I cambiamenti nei comportamenti di consumo accadono, ma non con la frequenza e la velocità che i comunicati stampa sembrano suggerire.

Immagine MaxPixel (1)

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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