Cosa si cela dietro al successo turistico di una destinazione
Un recente report, ad opera del World Travel and Tourism Council in associazione con l’istituto McKinsey, ha rivelato come i flussi turistici possano arrecare danni alle infrastrutture materiali ed immateriali dei luoghi più visitati.
Questi risultati possono apparire scontati (abbiamo tutti esperienza di Venezia e Firenze, solo per citare i casi più emblematici) ma sollevano una serie di domande a cui non c’è ancora una risposta certa.
Sinora, le amministrazioni hanno ragionato in modo piuttosto miope: massimizzare i ricavi a breve derivanti dal turismo.
Peccato che non hanno tenuto conto che, in un’ottica sistemica, quei ricavi a breve potevano essere inferiori ai costi collettivi totali.
Come? Si pensi al costo delle infrastrutture, al costo della vita nel centro storico, alla trasformazione dei centri urbani in immensi luna-park con la trasformazione del commercio di prossimità e la quasi totale scomparsa di botteghe artigiane sostituite da rivenditori di prodotti standardizzati realizzati in chissà quale parte del mondo (calamite, spilline, ecc.).
Sia chiaro: di questo processo l’unica responsabilità è da attribuire alle Pubbliche Amministrazioni e ai governi centrali.
Il proprietario che trasloca in periferia per trasformare la propria abitazione in centro in un AirBnb non è in errore. L’artigiano che affitta la propria bottega ad un negozio di souvenir non ha la responsabilità di tutelare l’integrità del centro storico.
Questa visione sembra confermata dallo stesso report che propone una serie di soluzioni per porre rimedio ad un fenomeno che, in misura spontanea, diventerà sempre più rilevante.
Tra le varie proposte, infatti, spiccano quelle incentrate su aspetti di regolamentazione del flusso turistico: limitare gli arrivi, destagionalizzare, utilizzare le tecniche di pricing per regolare la domanda e l’offerta.
Un approccio di questo tipo, tuttavia, rischia di essere troppo costoso (in termini di efficienza) per il nostro Paese.
Processi di questo tipo si fondano su un meccanismo dinamico di “approssimazioni progressive”: non esiste una risposta certa (fatto salvo i siti che per tutela necessitano di un contingentamento degli ingressi), ma esistono stime che si basano su ipotesi che vanno “aggiustate” in modo continuo sulla base dei risultati generati.
Processi troppo rapidi per essere condotti da una Pubblica Amministrazione (anche nel caso in cui si tratti di un’Amministrazione estremamente efficiente).
Più efficaci sembrano invece le suggestioni di tipo “proattivo”: promuovere siti meno noti, stimolare i turisti in real-time attraverso le nuove tecnologie.
Questo tipo di soluzione riflette un approccio “costruttivo”: non limitiamo il numero di turisti (e la ricchezza che essi portano) ma distribuiamoli in modo più efficace sul territorio.
Una direttrice, questa, che potrebbe essere applicabile anche al mondo delle nostre amministrazioni.
Per riuscirci, tuttavia, è necessario che gli Enti territoriali e non territoriali maturino una visione strategica di fondo per la gestione dei flussi turistici e che agiscano “in concerto” per poter strutturare una politica che riesca a tradurre tali visioni strategiche in azioni concrete.
Non si tratta certo di una sfida facile: basta ricordare il campanilismo presente in tutte le fiere del turismo, in cui comuni confinanti si fanno concorrenza (sic).
Ciononostante, è fuor di dubbio che l’Italia debba necessariamente sviluppare una strategia in questa direzione: la presenza, nel territorio nazionale, di Roma, Napoli, Firenze, Venezia (tra le altre), e il rapporto tra cittadini e visitatori che ogni anno popolano la nostra penisola, fa sì che il nostro Paese sia tra i territori maggiormente coinvolti da questo fenomeno.
A ben vedere, il nostro Paese dovrebbe rappresentare il pioniere di un nuovo approccio alla gestione degli arrivi turistici. Abbiamo competenze e caratteristiche giuste, e soluzioni possibili da sperimentare ci sono.
È però chiaro che questo scenario richiede una struttura politica in grado di far fronte ai bisogni di una società in continuo cambiamento perché queste sono responsabilità che spettano a chi amministra il territorio.
Per riuscire a produrre effetti significativi, è necessario infatti che le Amministrazioni siano in grado di coinvolgere tutti i soggetti attivi nel comparto, così come è estremamente importante che tutti (tutti) siano consapevoli delle proprie responsabilità e delle conseguenze delle proprie azioni e che collaborino per individuare una strategia che sia in grado di apportare benefici concreti al territorio nel medio termine.
I costi dell’overturismo si pagano in qualità della vita, qualità delle infrastrutture, qualità dell’arredo urbano, e in qualità dell’offerta turistica.
È necessario quindi comprendere che l’overturismo va gestito in modo intelligente e condiviso.
Perché se i ricavi a breve termine generati dai flussi turistici mostrano un costo di interesse così alto, allora tanto vale chiamarlo usura.
Immagine MaxPixel (1)