Sviluppo turistico, promozione e valorizzazione sono parole che hanno il pregio di provocare un atteggiamento positivo.
Il motivo è semplice. Le stesse parole assumono cosi tanti significati che ognuno può interpretarle con il proprio immaginario. Alzi la mano chi non concorda con la frase vogliamo uno sviluppo sostenibile del turismo. Ma come tradurre tale intenzione in realtà? Sono sicuro che se scendiamo nei dettagli, e andiamo sul concreto, le opinioni di molti di noi divergeranno.
A partire da questa constatazione, ho letto i piani di sviluppo turistico di alcune Regioni (non solo italiane) e Paesi. In particolare ho analizzato come viene declinato in termini operativi il concetto di sviluppo turistico. Ho considerato solo le intenzioni e gli obiettivi enunciati con termini concreti o quantitativi. Ne è venuto fuori un quadro interessante che riassumo in breve.
La prima declinazione è sviluppo come crescita. In questo senso, con sviluppo turistico si intende l’incremento dei flussi turistici, della spesa dei turisti e in ultima analisi, il contributo del settore all’economia.
La seconda declinazione, oggi di moda, è la sostenibilità dello sviluppo turistico. Questo concetto ha diversi significati.
Da un punto di vista economico e finanziario, si fa riferimento alla capacità delle imprese (soprattutto del settore ricettivo) di aumentare la loro produttività e remunerare i fattori produttivi. Per produttività si intende sia il rapporto tra valore aggiunto prodotto e lavoro impiegato, sia il rapporto tra valore aggiunto e capitale impiegato. La remunerazione è da intendersi sia in senso operativo (il margine operativo lordo), sia finanziario (le varie misure di cash flow).
Da un punto di vista di marketing, lo sviluppo del turismo è sostenibile se soddisfa diverse condizioni. La prima fa riferimento alla soddisfazione della domanda turistica. Il circolo vizioso insoddisfazione del turista-crollo della reputazione-diminuzione dei flussi turistici è sempre in agguato. Un corollario a questa condizione è la necessità di tutelare i beni naturali e culturali. Si tratta di preservare le risorse primarie, cioè il motivo del viaggio e delle attività turistiche; se il mare è inquinato è difficile che una località balneare progredisca. Una terza condizione considera la capacità di diversificare i mercati turistici; insomma il vecchio e sempre valido adagio di non mettere tutte le uova nello stesso paniere. Infine, un ultima condizione è che il turismo non inquini in senso lato.
Il terzo significato di sostenibilità riguarda il rapporto tra crescita dei flussi turistici e livello dei disagi per i residenti, quali, ad esempio, il sovraffollamento dei mezzi di trasporto, traffico, aumento dei prezzi delle case, il dover razionare l’acqua, la mono cultura del retail orientato a vendere esclusivamente prodotti per la domanda turistica.
La terza, e ultima prospettiva è quella politica. In questo senso, con sviluppo turistico si intende soprattutto il riequilibrio territoriale dei flussi turistici e la promozione di specifiche forme di turismo (culturale, termale, esperienziale, tutto quello che finisce per ale e molto di più).
A cosa serve questa breve panoramica sui diversi significati di sviluppo turistico? In primo luogo è un invito a non fermarsi alle apparenze. Se invece di fare sistema, che vuol dire tutto e niente, cominciassimo a spiegare le nostre intenzioni in termini più concreti il settore ne gioverà.
In secondo luogo è una raccomandazione. Le aziende e i vari rami del settore pubblico impegnati nel turismo dovrebbero chiarire quale obiettivo perseguire (cosa intendono con sviluppo) al fine di predisporre politiche e strumenti adeguati allo stesso obiettivo. Per chiarire intendo due cose. In primo luogo, esplicitarli in modo concreto utilizzando parole e verbi molto precisi. Non guasterebbe anche indicare come si intende misurare i risultati. In secondo luogo, è opportuno avere senso del limite. I piani che leggiamo sono elenchi infiniti di obiettivi. Tuttavia, a parte l’incoerenza tra la lunghezza dell’elenco e la capacità d’azione, stupisce il ricorso a ricette miracolose. Uno strumento, per cento obiettivi.
A volte uno stesso strumento è funzionale a diversi obiettivi, ma non è la regola. Ad esempio, in Italia l’obiettivo politico di valorizzare i beni naturali e culturali è stato perseguito negli ultimi 20 anni anche nella prospettiva della crescita turistica nel Mezzogiorno. L’ipotesi della strategia era (ed è) la presenza di una consistente (e in crescita) domanda di turismo culturale e naturalistico che le località del Sud possono cogliere. In realtà non c’è evidenza empirica che dimostri questa ipotesi. All’opposto, c’è evidenza che la maggior parte dei flussi turistici internazionali che si spostano usando l’aereo (condizione essenziale per visitare molte località del nostro Sud) prediligano due forme di turismo: la visita alle grandi città e le vacanze presso le località balneari.
Allo stesso modo non c’è evidenza che la valorizzazione dei borghi sia uno strumento di detouring dei flussi turistici internazionali (non vado a Venezia per visitare il prossimo Borgo dei Borghi). Anzi c’e molta più evidenza che i borghi minori (non quelli famosi) vengano visitati da chi è già stato in Italia. Un altro esempio famoso sono le politiche green portate avanti dai grandi alberghi negli ultimi anni. Hanno aiutato a dare sollievo ai margini di profitto. Ma non attraverso un aumento dei ricavi che doveva arrivare da turisti responsabili disposti a pagare di più (come si sosteneva 20 anni fa) ma riducendo i costi a partire da quelli energetici.
Un invito per concludere. Con questo schema in testa, vi prego di leggere i piani di sviluppo turistico che ci riguardano. Contate quante volte compaiono parole come produttività o remunerazione dei fattori produttivi. Se siete fortunati ad imbattervi in questi termini, provate a verificare se le soluzioni proposte sono adeguate e fattibili. Basterebbe solo questo esercizio per capire quanto anche nelle intenzioni non sappiamo progettare il futuro.
Foto di Aleš Langer da Pixabay