Il fallimento Thomas Cook è, senza dubbio, l’evento più importante accaduto nel 2019 nel settore dei viaggi.
Molti commentatori, riferendosi al recente fallimento di Thomas Cook, hanno parlato di “un’azienda che non ha saputo stare al passo con i tempi”, anche se tutto sommato è durata la metà di quanto è durato l’impero romano. Altri hanno detto che il modello di Thomas Cook con riscuoteva più successo. Forse è giusto – personalmente non condivido questo pensiero – Thomas Cook nel 2018 fatturava circa 9 miliardi di sterline, il giorno nel quale ha dichiarato bancarotta tra clienti in viaggio e clienti prenotati si contavano circa 600 mila persone coinvolte. Per essere un sistema obsoleto aveva ancora un gran successo.
Molto probabilmente una serie di coincidenze hanno creato un effetto devastante. Sì. l’azienda non aveva un board giovane e preparato per le nuove dinamiche turistiche, eppure Thomas Cook online si presenta in rete un anno dopo Expedia, nell’epoca di Harriet Green (2012-2014) la presenza online fu razionalizzata e l’azienda stava risalendo la china. In quei due anni le azioni Thomas Cook passarono da 12 a 180 sterline con la capitalizzazione di borsa che passò da 148 milioni a oltre 2 miliardi. In quel periodo già 3 miliardi di sterline arrivavano da internet (di cui 500 milioni da mobile) e – per coloro che ritengono il “pacchetto vacanza” finito – un terzo dei ricavi era generato da settori aziendali non riconducibili al classico pacchetto. La perdita annua era passata da 500 a 200 milioni di sterline di cui 150 potevano essere recuperati secondo i piani della Green.
C’è da chiedersi per quale motivo viene lasciata morire un’azienda che necessita di un prestito ponte di 300 milioni di sterline (maggio 2019). Sarà stato il momento sbagliato proprio mentre la Brexit spaccava l’Inghilterra. Riportare a casa i turisti Thomas Cook è stata per il Foreign Office britannico la più imponente operazione di rimpatrio della storia in tempo di pace.
In Italia, per la compagnia di bandiera, secondo uno studio di Mediobanca, noi contribuenti abbiamo sborsato oltre 7,4 miliardi di Euro nell’ultimo trentennio. Per risanare Thomas Cook ne sarebbero bastati 1,2, tra l’altro con i cinesi di Fosun che ne avrebbero messi quasi la metà per avere il controllo dell’azienda.
Invece si è preferito porre termine a una delle più emozionanti imprese della storia, della quale si parla solo all’inizio dei percorsi formativi sul turismo con il famoso trenino dell’associazione contro l’alcolismo con la quale l’agenzia di viaggi più longeva della storia iniziò la sua attività.
Era il 1841, poi tutti lasciano da parte Thomas Cook senza rammentare che sempre quest’azienda ha venduto per prima le experience, il pacchetto (treno/hotel/pasti), ha inventato la prenotazione senza anticipo, il prenota prima, il 7=6, il piano famiglia, le prime crociere sul Nilo, il viaggio organizzato in Italia in Europa e nel mondo.
I problemi sono iniziati quando si è cercato di sviluppare il business non per linee interne ma per acquisizioni, con operazioni a costi eccessivi, mala gestione della finanza e scarsa valutazione e integrazione delle attività delle aziende acquisite. Resta il fatto che è proprio buffo sostenere che un’azienda che ha dominato il mercato per quasi due secoli non abbia saputo stare al passo con i tempi.
Salvare Thomas Cook e metterla in sicurezza magari lasciando il controllo ai cinesi, avrebbe evitato scenari complicati per tutta la filiera turistica non solo nei confini nazionali ma in tutto il mondo.
Adesso i turisti che viaggiavano con Thomas Cook quali strade prenderanno? Per adesso non è chiaro: Tui, subito dopo il fallimento della rivale ha visto la capitalizzazione di borsa, dopo un piccolo svarione, guadagnare qualche punto ma molti di meno di quelli che si poteva credere, On The Beach vede in tutta questa situazione opportunità di crescita di quote di mercato ma non è così semplice gestire la contingenza, Hays Travel non riesce a gestire tutte le agenzie rilevate perché non trova personale sufficiente per gestire i picchi delle richieste. Il modello Thomas Cook e quello del pacchetto di viaggio sono tutt’altro che finiti, la domande da porsi sono due: la prima è comprendere chi beneficerà in questo nuovo scenario, Thomas Cook su determinate destinazioni era il top player anche a pochi minuti dalla chiusura, acquisire questa clientela sarà importante ma avrà dei costi che in pochi possono permettersi; la seconda domanda è comprendere quanto un’azienda del travel possa espandersi nei vari settori dell’ospitalità, dei trasporti, dei sistemi di pagamento e della finanza pura, senza perdere il controllo della situazione.
Sotto trovate una tabella nella quale sono ricapitolate le tappe più significative della storia del gruppo Thomas Cook anche con qualche accenno ai viaggi organizzati in Italia. La storia di Thomas Cook in versione più “romantica”, ricca di immagini e aneddoti, la trovate in un articolo molto curato su The Telegraph.
[table id=10 /]Fonti: Wikipedia, Thomas Cook, Reuters, CNN Travel, Annunziata Berrino, Storia del Turismo in Italia, il Mulino 2011. L’immagine è di robertescu da Pixabay