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Perché e come valutare la campagna pubblicitaria di destinazione? Anche perché la primavera del 2021 è stata una stagione davvero particolare per il marketing di destinazione. A mia memoria non c’era mai stata una cosi alta concentrazione di campagne pubblicitarie per promuovere le destinazioni turistiche (soprattutto nel mercato interno). Ne è anche seguito un dibattito molto acceso sui giornali locali e nei social dove esperti di marketing, intellettuali, politici, operatori turistici e comuni cittadini hanno discusso di tutto tranne che di una cosa: quali i risultati attesi delle campagne e come misurarli.  

Make no mistake. So bene che le campagne di marketing turistico hanno, nella maggior parte dei casi, un obiettivo preciso: impressionare il cittadino elettore e renderlo orgoglioso dell’operato dei suoi amministratori. Soprattutto nelle realtà dove sono finanziate dal contribuente e c’è una scarsa partecipazione degli operatori turistici ai processi decisionali. Tuttavia, ritengo che una discussione più aperta e informata possa aiutare a cambiare questo approccio molto autoreferenziale.

Ho cominciato a scrivere su questo blog di misurazione dei risultati della promozione turistica da diversi anni e alcuni mesi fa ho trattato il tema dal punto di vista di chi fa il destination marketer. Con il post di oggi, e di altri più approfonditi che seguiranno, vorrei aiutare un comune operatore turistico a comprendere potenzialità e limiti di una campagna pubblicitaria per la propria destinazione. 

Perché e come valutare la campagna pubblicitaria di destinazione?

Il motivi che  mi spingono a tentare questa strada sono due. Primo, in qualità di portatori di interesse gli operatori devono possedere quelle conoscenze che li mettano in grado di spingere la propria DMO a rendere conto del proprio operato. Ma c’è un altro motivo, ben più rilevante. Il marketing di destinazione è cosa loro. La somma delle spese di marketing degli operatori (compresa la visibilità sulle OTA) è ben superiore di molti multipli a quella di qualsiasi DMO. Allineare gli astri in funzione di prodotti e mercati, cioè su temi e messaggi convergenti è il miglior modo per creare le tanto agognate sinergie di cui si parla nei convegni. Ma come si fa se non si ha una idea comune di come funzioni una campagna pubblicitaria? 

Il focus di questo post (e degli altri della serie) è limitato alle campagne pubblicitarie. Sono sicuro che concordiamo sull’obiettivo di fondo delle stesse (spingere le persone a visitare una certa destinazione), ma ci sono teorie e prassi diverse su come raggiungerlo.

Il punto di partenza del mio ragionamento è che le DMO, come molte organizzazioni che si occupano di marketing, seguano copioni  i cui risultati sono spesso discutibili. E se invece cominciassimo ad adottare gli insegnamenti della ricerca accademica e applicata? Perché non seguire la via tracciata da professionisti dell’evidence based marketing? 

Per molti versi le destinazioni turistiche sono assimilabili ai brand, anche se ci sono alcune peculiarità di cui tener conto.  A partire dalla definizione del concetto di brand. Avremo modo di discuterne. Tuttavia, se accettiamo la proposizione destinazione = brand, dobbiamo anche convenire che la pubblicità di una destinazione turistica funziona come quella di un brand di un qualsiasi altro prodotto e servizio. E qui casca spesso l’asino. Nel mondo accademico, come in quello professionale, ci sono diverse idee su come funzionano i brand e come la pubblicità li rafforzi. Queste varie idee non sono reciprocamente esclusive. Gli annunci e gli spot di maggior successo possono essere spiegati in modo plausibile usando più di una di queste teorie. 

Il punto è che nel seguire una strategia pubblicitaria, anche nel marketing di destinazione, deve essere chiaro a quale degli approcci si fa riferimento e conseguentemente indicare quali sono i parametri per misurare il successo della propria campagna. E, non secondario, riservare una parte del budget alla valutazione dei risultati e alla condivisione degli stessi con i propri stakeholder. Si tratta di una pratica completamente assente nelle nostre DMO.

Purtroppo la cultura manageriale che le anima è un prodotto della mentalità della pubblica amministrazione italiana. Basta leggere i capitolati di appalto (i brief) dei servizi richiesti alle agenzie di comunicazione, creative o di media planning. Massima attenzione alle procedure e alla trasparenza formale degli input utilizzati (compreso il cv nell’oscuro e inutile formato europeo di tutti  i collaboratori). Zero focus sulla chiarezza degli obiettivi, sulle motivazioni delle scelte e sulla valutazione sui risultati raggiunti. Sbagliare e imparare dai propri errori (in modo trasparente), il sale di qualsiasi impresa o progetto di successo, non è ammesso.  

Concludendo, mi rivolgo agli operatori turistici. A prescindere dai risultati concreti raggiunti e dal proprio impatto, il marketing di destinazione, e in particolare le campagne pubblicitarie, sono qui per restare. Ci sono e ci saranno periodi dove si investirà meno denaro pubblico, ma la storia insegna che sono di breve durata. Tocca a voi pretendere che funzionino meglio. Questa pretesa non deve restare astratta. Le vostre leadership (operatori piú grandi, operatori leader di mercato, associazioni di categoria) devono entrare nel gioco e fare la loro parte. Questo implica due cose. 

Primo, dovete pretendere di entrare nel merito di come si prendono e si valutano le decisioni rispetto all’impiego di soldi del contribuente che in linea di principio sono spesi per il vostro interesse. La governance della promozione turistica non può limitarsi allo sterile esercizio di disegnare, disfare e ridisegnare i confini amministrativi delle destinazioni turistiche. Governance è anche (e soprattutto) il metodo con cui si prendono le decisioni, come si conciliano o si tengono separati interessi diversi e, infine, come si valutano i risultati delle decisioni prese. 

Secondo, dovete entrare nel merito del marketing di destinazione. Conoscere come funziona la pubblicità, come e fino a che punto impatta sul brand di destinazione, come i potenziali turisti vi vedono, quali sono i messaggi da veicolare, quali i criteri del media planning, che ruolo giocate voi, e quali i dati più importanti da considerare. Nella loro essenza non sono informazioni da specialisti, ma teorie, concetti, dati e metodi che hanno un impatto tangibile sui vostri bilanci. 

Noi ci impegniamo a fare la nostra parte svolgendo un lavoro di divulgazione del dibattito scientifico e professionale sul tema. Insieme possiamo fare meglio. 

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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