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Come è andato il 2022 per il turismo italiano? Bene, ma non benissimo.

Prima di spiegare perché, vorrei chiarire che alla domanda si può rispondere in diversi modi. Ad esempio, uno è confrontare i dati reali (quasi mai disponibili in modo tempestivo per tutto il territorio nazionale) con le aspettative (spesso intuitive, raramente basate su modelli professionali affidabili).

Un’altra via è confrontare il 2022, con l’anno precedente, anche se ha poco senso visto che (per fortuna) il 2022 è stato  per gran parte un anno senza alcuna restrizione da Covid. Per un confronto con il 2021 vi invitiamo alla lettura della recente nota dell’ISTAT dove, tra l’altro, c’è scritto  che le componenti della domanda turistica mostrano un andamento sostanzialmente diverso, caratterizzato da un aumento molto elevato delle presenze dei clienti stranieri (+91,0%) e da una crescita più contenuta per i clienti residenti (+11,7% di presenze) rispetto al 2021.

La mia risposta si basa sui pochi dati pubblici disponibili, su una visione d’insieme che è diversa da quella registrata nelle singole destinazioni (l’Italia è per fortuna un Paese molto variegato) e sulla prospettiva della competitività di mercato. 

Cominciamo dal mercato domestico. Un Paese che ha evidenti problemi decennali di crescita economica  e quindi di reddito disponibile per le famiglie, non fornisce grandi prospettive per il settore. Se il trend (comunque positivo) dei primi 10 mesi del 2022 è confermato, i pernottamenti nelle strutture commerciali dei turisti italiani in Italia si attesteranno al 93% di quelli registrati nel 2019.

Valore più basso di quello registrato nelle principali economie europee: 96% in Germania, 103% in Francia e 105% in Spagna. Perché? In attesa di dati più granulari (disponibili da Febbraio) avanzo due ipotesi:

  • i prezzi elevati hanno influito sulla durata media del soggiorno e quindi sul numero totale di pernottamenti;
  • gli italiani hanno ripreso a viaggiare all’estero. 

Sulla prima ipotesi c’e’ anche una conferma dell’ISTAT nella nota a cui ho fatto cenno in apertura. Sulla seconda, vi invito a una riflessione. Secondo le indagini (Viaggi e Vacanze) di  ISTAT, nel 2019 il 32%  dei pernottamenti generati dalla domanda di turismo di vacanza degli italiani è attribuito ai viaggi all’estero. Detto in altro modo, nel 2019 le destinazioni turistiche italiane hanno intercettato il 68% dei pernottamenti di vacanza degli italiani, il dato più basso degli ultimi dieci anni.

La serie storica di questo dato non registra un trend preciso, tuttavia emerge un pattern. Negli anno di bonaccia del reddito disponibile, la preferenza verso l’estero aumenta. In sintesi, il mercato domestico non ha grandi prospettive (il Paese ha tassi anemici di crescita economica da più di vent’anni) e, quando la situazione lo consente, i connazionali non disdegnano i lidi stranieri.

Notizie positive sul fronte internazionale, ma fino a un certo punto: la crescita del numero dei turisti e dei pernottamenti è stata davvero notevole, ma minore di quanto avrebbe potuto essere. Secondo i dati diffusi da Eurostat e quelli che ho ricavato dai siti delle banche centrali dei principali Paesi concorrenti sui mercati internazionali, l’Italia è il Paese che a fine 2022 potrebbe registrate il minore tasso di recupero dei flussi turistici esteri sul 2019. 

Come è andato il 2022 per il turismo italiano?

Non mi resta che chiudere con una nota che copio e incollo da un post del 2015, con la sola aggiunta di una frase finale.

Considerata la debolezza della domanda domestica, il turismo italiano, soprattutto quello fuori dal circuito delle grandi città d’arte e di glamour ha bisogno di sottrarre alla Spagna quote di mercato nel Regno Unito e nei Paesi Nordici, contrastando la forte concorrenza di Croazia, Grecia e Portogallo.

Come si fa? C’è chi pensa che abbiamo bisogno di più turismo alternativo al mare e ai grandi hotel, come chi ritiene che servano investimenti nel Mezzogiorno in grandi strutture alberghiere. Io ritengo che abbiamo bisogno di entrambi, tuttavia, data la struttura delle preferenze dei mercati nord europei (mare e clima) e la distanza geografica (i collegamenti aerei non si comprano con i sussidi alle compagnie, ma riempendo gli aerei), la priorità del turismo italiano rimane rendere più facile, conveniente e sicuro investire nel Mezzogiorno ai grandi investitori.

Purtroppo, si tratta di una scelta che non trova molto consenso in un Paese dove piccolo è bello, vogliamo i viaggiatori e non i turisti, ma se proprio turisti devono essere, che siano colti. 

Buon 2023 a tutti!

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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