Il turista ideale è marketing politico: turismo colto, turismo alto spedente, turismo di alta gamma sono alcuni profili di segmenti turistici richiamati dai politici come prioritari per la propria destinazione turistica. Un post sulla differenza tra politica turistica e marketing politico.
“La prima priorità è l’attrazione di un turismo colto, sostenibile e con capacità di spesa“, diceva il noto ex Ministro della Cultura (e del turismo a fasi alterne) Franceschini nel luglio del 2020. Che il tema del turismo colto gli fosse caro, era chiaro da tempo, tanto che il titolo del Piano Strategico per il turismo italiano (del 2017) da lui voluto era, Italia un Paese per Viaggiatori. Dove viaggiatore è sinonimo di turista colto e che spende molto. Un leitmotiv ricorrente nell’agenda delle dichiarazione dei politici con responsabilità sul tema. Ultimo che ho segnato in ordine di tempo, l’Assessore regionale dell’Emilia-Romagna Felicori.
La ricerca del turismo ideale non è una fissazione dei politici italiani. Vi invito a prendere il mouse o usare lo scroll dello smartphone ed esplorare le news di tutti i Paesi che hanno successo in questo settore. Segnalo come punto di partenza una rassegna su Euronews, dalla quale prendo due notizie che hanno ispirato questo post.
La prima riguarda un particolare tipo di destinazione turistica, i parchi di divertimento. Selim Bassoul, il CEO di uno dei piú grandi operatori al mondo, per spiegare la decisione di aumentare i prezzi della sua, ha dichiarato agli analisti finanziari che i biglietti a basso costo hanno trasformato i parchi in “un asilo nido a basso costo per gli adolescenti“.
La strategia illustrata agli analisti è il proiettile d’argento di tutti i luoghi affollati, riassunta nella formula value for volume. Tuttavia, la strategia non ha ancora pagato come sperato. Secondo gli analisi e gli esperti di marketing consultati sul tema, nel breve periodo i clienti che hanno accettato i prezzi premium non hanno ancora visto i miglioramenti che giustificano l’incremento della spesa. Inoltre, molti dubitano che lungo periodo un prodotto di massa possa generare i ricavi attesi con un pubblico ristretto. Insomma, una cosa è avere un prodotto premium in un portafoglio più ampio. Altra cosa è avere solo prodotti premium.
La storia è interessante perché illustra in modo molto concreto la difficoltà di un operatore privato – che controlla tutte le P del marketing mix – ad attuare una strategia di value for volume in una destinazione turistica.
La domanda è: se è difficile per i privati, che dire allora di un Governo che intende adottare il principio ad un intero Paese?
Passiamo quindi alla seconda storia, e andiamo in Nuova Zelanda dove il Ministro del Turismo spiega che l’azione del suo Ministero sia centrata nel rendere il Paese appetibile agli High Quality Travellers, che a suo dire sono:
Persone che vengono in Nuova Zelanda non solo per spendere soldi, ma anche per visitare le nostre regioni più lontane e meno esplorate. Si fermano più a lungo, si impegnano e abbracciano la nostra cultura unica. I visitatori di qualità portano rispetto, desiderio di impegnarsi con le nostre comunità e lasciano l’ambiente più sano di come lo hanno trovato. I turisti di qualità pianificano meticolosamente il loro viaggio e arrivano informati; si prendono del tempo per cercare un’esperienza culturale maori unica; escono dai sentieri turistici ben battuti ed esplorano le regioni; sono disposti a investire nella loro esperienza qui visitando le numerose e meravigliose destinazioni turistiche che abbiamo qui; e si godono le nostre fantastiche esperienze gastronomiche oltre al fish and chips sulla spiaggia.
Questo discorso ha avuto larga risonanza e nel dibattito che ne è seguito molte domande sono rimaste senza risposta. Ne riporto alcune.
La strategia è sostituire una buona parte dei circa 4 milioni attuali o avere meno turisti, cioè pochi ma buoni? Se si, c’è un numero di turisti tale da surrogare quelli esistenti che non rispondono a queste caratteristiche? Se si, dove sono? Dove si vanno a prendere? Come convincere gli operatori a circoscrivere le loro strategie di marketing alle indicazioni del Governo? Che fine fanno gli ostelli e le strutture ricettive penate per i budget travellers?
C’è poi una domanda più generale e derimente: ha senso che in una economia di mercato un Ministro decida per tutte le aziende del settore chi possa essere il loro cliente? Si tratta di domande sensate che mettono in dubbio la fattibilità di queste politiche. Ma il punto è un altro.
Esiste davvero il turista ideale nella realtà? Io ho i miei dubbi.
Parto da una questione di fondo. Quello che chiamiamo turismo è in concreto un insieme di viaggi o vacanze dove i comportamenti dipendono da una molteplicità di fattori. Chi viaggia non fa sempre la stesse cose.
Negli ultimi cinquant’anni, l’evoluzione delle aspettative di vacanza mostra che i clienti sono diventati più esigenti sia in termini di varietà delle opzioni tra cui scegliere, sia in termini di standard di qualità della singola opzione. Attenzione però. Quello che è mutato (e si evolve) sono i wants, non i needs.
Le motivazioni di base per i viaggi di vacanza sono stabili dal dopo guerra e non è prevedibile che cambino nei prossimi anni. Quello che muta (anche in modo molto veloce) sono le aspettative riguardo le modalità con cui si soddisfano i bisogni di base e gli interessi dei turisti. Le aspettative (wants) non dipendono solo dalle motivazioni (needs), ma anche dal contesto come, ad esempio, tempo a disposizione, reddito disponibile, età, compagnia di viaggio. Il contesto porta a trovare un compromesso tra quello che si desidera e quanto è disponibile. Per questo motivo è utile focalizzare l’attenzione sui reali comportamenti di viaggio, piuttosto che sul vacanziere.
E cosa ci dicono le analisi e le osservazioni sui viaggi e i comportamenti di vacanza?
Mi limito ad alcuni esempi che prendono spunto da temi che ho trattato in questo blog. Le attività di scoperta o di apprendimento, alla base del turismo culturale più hard, sono più probabili nei week-end e negli short-break. I viaggi con il profilo di spesa più alto sono quelli che hanno una durata più breve. Le vacanze lunghe (come quelle che durano più di una settimana) hanno, nella maggior parte dei casi, il focus nel riposo. È vero che nelle vacanze lunghe ci sono i viaggi di esplorazione e apprendimento, ma costituiscono una piccola quota e non sono esclusivamente fatti da persone con elevata capacità di spesa. Al contrario, zaino e sacco a pelo vi dicono qualcosa? Inoltre, i viaggi di esplorazione sono spesso multi destinazione e alimentano il dilemma del mordi e fuggi de noantri. Ad esempio, un turista americano che spende i suoi 15 giorni di ferie lungo l’Italia e visita 5-6 località è un esploratore per l’ente nazionale del turismo, un cattivo che morde e fugge per la locale DMO.
Quale è il punto? Il turista ideale tracciato dal Ministro neozelandese è una somma di comportamenti che nella realtà non esistono nella stessa vacanza perché sono contraddittori.
Tornando alla Nuova Zelanda, questa contraddizione è evidenziata dal presidente della Backpacker Youth and Adventure Tourism Association (BYATA) Brian Westwood che ha affermato che chi viaggia in sacco a pelo, magari non spende tanto, ma visita (per davvero) anche le aree remote del Paese e entra in contatto con le comunità locali proprio perché non dorme nelle strutture ricettive dai costi elevati.
Mi permetto di aggiungere, che chi spende tanto lo fa in cambio di qualcosa. Lo scontrino del turista spruzza euro da tutti i pori perché riporta soggiorni in hotel di lusso, pranzi e cene in ristoranti stellati e shopping nei negozi di alta moda. Questo tipo di esercizi non sono diffusi, ma tendono ad essere concentrati in specifiche aree di un paese.
Il punto di fondo è che la teoria del turista ideale contraddice il senso comune e la ricerca scientifica nel campo del marketing, applicata anche al nostro settore.
Se prendiamo gli studi robusti su destinazioni turistiche comparabili per tipologia e dimensione, notiamo che il profilo dei turisti che le visitano non cambia di molto, come non cambiano le motivazioni del viaggio. Le eccezioni dipendono dalla geografia , nel senso che i Paesi confinanti, vicini o con affinità linguistiche si scambiano più turisti.
A rafforzare questa tesi, il prof. Byron Sharp dell’Ehrenberg-Bass Institute, nel 5 capitolo del celebre libro How Brands Grow, tra gli argomenti utilizzati per spiegare che i brand competono su una stessa base di clienti, riporta i dati di una ricerca globale dove è stato chiesto agli intervistati i motivi di scelta della destinazione turistica del loro ultimo viaggio all’estero. Le risposte non erano già preconfezionate, ma libere. A parte ovvi casi particolari (chi va in spiaggia non parla di neve), il risultato è che le motivazioni di viaggio elencate avevano in tutti i Paesi un elevato grado di similarità.
Ricapitolando: l’inseguimento del turista ideale non è fattibile su un piano di politica pubblica, anche perché si segue un mito più che una figura reale.
Allora perché (alcuni) politici di tutto il mondo insistono nel proporla? La risposta è che i politici fanno il loro mestiere, cioè marketing politico. Che è diverso dal marketing territoriale. Anche, se devo essere sincero, non capisco la logica politica. Ma questa è un’altra storia.