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Il portale delle destinazioni turistiche. È ancora utile?

Il Portalone è un concept store molto in voga tra i suoi promotori, meno tra i potenziali fruitori. Sarebbe meglio parlare empo-show, visto che il portalone è un emporio dove la merce esposta non è in vendita. A parte rari casi, se volete comprare qualcosa, dovete andare nei mega-store specializzati o in quelli monomarca.

Il Portalone espone merce di un territorio delimitato (che non potete comprare), mentre nel superstore potete trovare e comprare tutta la merce del mondo. L’altra caratteristica del Portalone è che non è ben posizionato nelle vie dello shopping. A parte le solite rare eccezioni, si trova a molti isolati di distanza, dove praticamente non passa nessuno.

Tuttavia, grazie al Grande Gu, uno a cui si chiede informazioni, alcuni portaloni riescono ad avere un discreto numero di visitatori, che però una volta arrivati lì stanno davvero poco tempo. 

Nonostante queste due caratteristiche non proprio sales-friendly, il concept viene considerato imprescindibile (a tutte le latitudini del globo) dagli investitori dei fondi Pantalone. Si tratta di fondi con azionariato molto diffuso e impegnati in tantissimi settori. Considerando che in questi concept store si investono pochi cents (in relazione a tutti i fondi), nessuno mette in discussione il concept store. Al contrario, il Portalone, come dicevamo, ha uno zoccolo duro di sostenitori che lo ritengono un asset strategico.  

Esco dalla metafora e torno a parlare di un tema sul quale sono stato spesso criticato: l’utilità dei portali turistici.

Questi strumenti sono concepiti come degli showroom, o meglio webroom nel gergo digitale. Il loro scopo è stimolare la visita di una destinazione o mettere a disposizione informazioni utili alla visita. L’ambizione delle DMO è fare di questi siti internet il canale informativo ufficiale e più affidabile.

Tuttavia, nonostante i loro sforzi, i portali sono – in genere- meno utilizzati rispetto ad altri media e outlet informativi. Le indagini e le tracce digitali raccontano una storia che possiamo intuire. Per comprendere bene il tema più generale, come le eccezioni, è utile delineare il contesto. Parto, quindi, da una lunga considerazione che serve a inquadrare il problema. 

La compressione dei processi decisionali di un potenziale turista prima del viaggio e durante la sua vacanza non è ancora tutta chiara, ma ne conosciamo molti aspetti. Quello che sappiamo è che la realtà è molto composita (un caos l’ha definita Google) e differisce dalla cristallizzazione dei modelli più popolari alla base di molte scelte nel campo del marketing della destinazione.

Faccio alcuni esempi per farmi comprendere. 

Una buona parte degli acquisti di servizi turistici sono considerati acquisti ad alto coinvolgimento, cioè si basano su processo decisionale esteso, a causa dei costi relativamente elevati, monetari e non, coinvolti in queste decisioni. Ad esempio, la pianificazione di un viaggio di piacere in un Paese lontano comporta un rischio percepito relativamente alto di prendere una decisione sbagliata, l’investimento di una quantità significativa di tempo nella ricerca di informazioni e un notevole esborso monetario. Tanto che una buona parte di questi viaggi viene organizzata e comprata con il ricorso delle agenzie di viaggio. Tuttavia, un basso coinvolgimento è probabile quando ci troviamo di fronte a viaggiatori più esperti e a viaggi  che presentano una minore percezione del rischio. 

La cosa interessante è che un concorso di cause sta portando il settore del travel a essere una categoria dove prevalgono le decisioni a basso coinvolgimento. Pensateci un attimo. Abbiamo viaggiatori e turisti sempre più esperti, viaggi prevalentemente brevi e tecnologie che permettono di avere informazioni ovunque. Le recenti ricerche sul campo  dimostrano che c’è davvero un cambiamento nel comportamento dei turisti, che pianificano sempre meno i viaggi e cercano più informazioni turistiche una volta arrivati a destinazione e nel momento in cui sorge la necessità. Questo è un vero (nel senso di osservato) e proprio cambio di paradigma.

Il ciclo di acquisto di un viaggio o di una vacanza, come quello di altri beni e servizi, non è affatto lineare e configurabile come l’imbuto (funnel) reso famoso dal celebre modello AIDA .

È più realistico considerare che ogni consumatore si trovi  – ad esempio, rispetto alla scelta di una destinazione turistica –  in una delle due seguenti fasi che non necessariamente sono consecutive, ma si intrecciano tra loro:

L’ecosistema dei media dove prendiamo informazioni (ad alto e basso coinvolgimento) è molto frammentato. Il tempo a nostra disposizione per informarci e divertici è limitato e fisso, ma le opzioni in termini di canali, outlet e proposte cresce.

Per questo motivo, nelle indagini di mercato, quando si chiede ai turisti dove si sono informati, emergono una pluralità di canali. 

In questo ecosistema davvero complicato ci sono comunque degli schemi ricorrenti. I canali utilizzati con meno frequenza (come ad esempio i portali di destinazioni), sono fruiti (con molta probabilità) da utenti che spendono molto tempo on line e che frequentano molti canali, soprattutto quelli più utilizzati (ad esempio i siti di prenotazione di hotel).

Un ultimo punto per inquadrare il contesto. Quello che conosciamo dei processi decisionali e dei canali informativi utilizzati deriva da due fonti. La prima sono i comportamenti osservati, soprattutto quelli digitali, cioè le tracce gli utenti lasciano on-line. L’altra sono le informazioni che rileviamo nelle indagini.  Queste però hanno due limiti che è necessario riconoscere per intepretare i risultati della ricerca. Il primo è che la maggior parte delle indagini si basano su domande chiuse. Ad, esempio si chiede ai consumatori di indicare le fonti di informazioni utilizzate per organizzare un viaggio fornendo la lista. Dalle risposte non emergerà quanto non era nella lista o non lo era nei termini descritti dalla stessa lista. L’altro limite è che le risposte fanno emergere le informazioni di cui si ha contezza e che vengono in mente in quel determinato momento. Questo tipo di informazioni tendono a sottostimare il ruolo giocato dalla pubblicità nei processi decisionali. 

Dopo questo lungo pippone che mi è servito per inquadrare il tema e quindi spiegare il contesto che utilizzo per intepretare i (pochi) dati disponibili sull’uso del portali di destinazione, passo a raccontarvi l’idea che mi sono fatto. 

Il contributo dei portali al brand building della destinazione è marginale. È un media irrilevante (nel consumo generale), che ha contenuti poco interessanti (rispetto a prodotti concepiti per essere di intrattenimento un film o una pubblicità) e viene utilizzato (nella maggior parte dei casi) quando si è già deciso la meta della vacanza.

Diverso il contributo offerto in termini di organizzazione del viaggio. 

In questa funzione, il sito della destinazione è abbastanza utilizzato e riscuote un buon livello di fiducia. Tuttavia, i canali più impiegati prima del viaggio sono i consigli di amici e parenti, i siti per comprare e comparare servizi ricettivi e di trasporto (compresi quelli delle singole strutture) e le piattaforme dove ci sono recensioni. Una volta a destinazione, i turisti  usano le guide turistiche (resiste il cartaceo), le mappe (digitali e non) e i social per condividere. È stato dimostrato che mentre i trasporti sono ricercati principalmente su Google Maps, i ristoranti sono ricercati soprattutto su TripAdvisor, mentre le attrazioni e il tempo libero su Google. 

Questo non significa che i portali turistici siano inutili. Il punto è che non sono (in molti casi) un asset strategico e sono spesso concepiti più per esigenze di marketing interno. Alcuni indizi in ordine sparso per sostenere questa argomentazione.

Negli ultimi tempi c’è una grande enfasi alla qualità grafica del sito e al numero di accessi che esso ottiene. Tutto bene se l’ottica di investimento è quella del brand building. Peccato che, in questo campo come ho scritto poche righe prima, il contributo dei portali è marginale. Non noto la stessa enfasi su altri dati, come ad esempio quelli che rilevano l’engagement (quanto e come viene utilizzato). È come se si fosse interessati a fare entrare qualcuno nell’emporio, ma poi nessuno va a vedere quanto dura la visita e se tale visita sia stata utile. 

L’investimento maggiore del sito è spesso nella sua realizzazione, con poca attenzione allo sviluppo continuo e al learning by doing necessario a modellarlo alle esigenze dell’utente. E come un maratoneta che fa uno sprint nel primo chilometro e non ha energie per affrontare i successivi quarantuno. 

Se la ricerca delle info si sposta a destinazione, il portale dovrebbe tenerne conto  essendo disegnato per mobile e fornendo contenuti pensati per chi è già a destinazione o sta per arrivarci. Non intendo essere mobile friendly, ma essere concepito per un turista che è già a destinazione.  È probabile che il portale diventi sempre di più un contenitore di prodotti e servizi utili a destinazione. Nei casi delle città, dove le DMO forniscono veri e propri prodotti come le app, le mappe, le card, le prenotazioni di attrazioni e guide,  i siti sono già delle piattaforme distributive di questi servizi e prodotti. 

Nel rileggere le argomentazioni che avete appena letto mi sono reso conto di aver anche dato indicazioni su come rendere il portale un emporio più utile. Ritorno sulla parte destruens nei prossimi post sul tema. Aggiungo una considerazione fondamentale. Siccome ci sono altri outlet informativi che hanno più utenti e più mezzi per migliorarsi, le informazioni e i contenuti non lasciamole solo nel portale, mettiamole a disposizione di questi empori che si trovano sulla main street. 

 

P.S. Il post si basa su una estensiva ricerca di dati e teorie che è durata settimane. Per non renderlo noioso li ho sintetizzati. Se avete voglia di approfondire, qui una lista di quelli più rilevanti. 

  • Fernández-Cavia, José; Vinyals-Mirabent, Sara; Fernández-Planells, Ariadna; Weber, Wiebke; Pedraza-Jiménez, Rafael (2020). “Tourist information sources at different stages of the travel experience”. El profesional de la información, v. 29, n. 2, e290219. https://doi.org/10.3145/epi.2020.mar.19
  • Huertas, A. and Miguel, O-M. (2022). Do tourists seek the same information at destinations? Analysis of
    digital tourist information searches according to different types of tourists. European Journal of Tourism Research 32, 321
  • Google, The messy middle, (2020)
  • Kang, S., Kim, W. G., & Park, D. (2021). Understanding tourist information search behaviour: the power and insight of social network analysis. Current Issues in Tourism24(3), 403-423.
  • Laesser, C. & Dolnicar, S. (2012) What Drives Potential Impulse Purchasing in Tourism? Learnings From a Study in a Matured Market. Anatolia, 23(2): 268-286.
  • Liebana-Cabanillas, F., Carvajal-Trujillo, E., Villarejo-Ramos, Á. F., & Higueras-Castillo, E. (2020). Antecedents of the intention to use NFC mobile applications in tourism. Journal of Hospitality and Tourism Technology
  • Sanghoon Kang, Laura W. Jodice & William C. Norman (2020) How do tourists search for tourism information via smartphone before and during their trip?, Tourism Recreation Research, 45:1, 57-68, DOI: 10.1080/02508281.2019.1627076 
  • Saito C. S.; Strehlau V. I. (2018) Tourist destination choice: A bibliometric study. Internext – Review of International Business, 13 (1), 17-31. DOI: http://dx.doi.org/10.18568/1980-4865.13117-31
  • Sirakaya, Ercan; Woodside, Arch G. (2005) Building and testing theories of decision making by travellers. Tourism management, 26 (6). 815-832
  • Woodside, A. G., III, R. J. T., & MacDonald, R. (1997). Measuring linkage‐advertising effects on customer behaviour and net revenue: Using quasi‐experiments of advertising treatments with novice and experienced product‐service users. Canadian Journal of Administrative Sciences/Revue Canadienne des Sciences de l’Administration14(2), 214-228
  • Woodside, A. G., & Dubelaar, C. (2002). A General Theory of Tourism Consumption Systems: A Conceptual Framework and an Empirical Exploration. Journal of Travel Research, 41(2), 120–132. https://doi.org/10.1177/004728702237412
  • https://www.ukinbound.org/wp-content/uploads/2022/06/VisitBritain-MIDAS-Research.pdf
  • https://www.destinationanalysts.com/wp-content/uploads/2017/06/SATS-SPRING-2017-FINAL-WEB.pdf

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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