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Quanto ha perso il turismo italiano dal Covid-19? Un primo, parziale, provvisorio bilancio.

Buon compleanno Covid-19!

Sono passati esattamente 3 anni dal 18 maggio 2020, momento di massima estensione delle limitazioni ai viaggi internazionali. Tutto il mondo applicava restrizioni all’ingresso e 165 paesi (3 su 4) avevano le frontiere completamente chiuse. 

Quanto ha perso il turismo italiano dal Covid-19?

Le prime sono state adottate nei paesi dove il contagio si è diffuso – Cina, Iran e Italia – per applicarsi globalmente in poche settimane da quando il WHO ha dichiarato il Covid-19 una pandemia mondiale. Dalla chiusura delle frontiere si è gradualmente passati a criteri meno stringenti: prima i test e in seguito il completamento del ciclo vaccinale, anche accelerando sulle indicazioni del WHO e con differenze sostanziali da paese a paese. Solo a dicembre 2022 la Cina ha deciso di trattare il Covid-19 come endemico, ultima grande nazione al mondo a farlo, mettendosi alle spalle definitivamente la politica zero-Covid e dei confini chiusi. Ancora un paio di mesi fa 64 destinazioni (tra le quali USA, Brasile, Cina, Kenya, tanto per citare le più importanti) richiedevano la vaccinazione o un test negativo all’ingresso.

Quanto ha perso il turismo italiano dal Covid-19?

Mentre la conta dei morti nel mondo è ancora oggetto di discussione e di aggiornamento continuo – solo nelle ultime 4 settimane si rilevano oltre 2,7 milioni di contagi e 17 mila morti – mi sono fatto l’idea che un primo rendiconto dell’impatto del Covid-19 sul turismo italiano sarebbe il caso di iniziare a farlo. Obiettivo ambizioso, senza dubbio, ma in attesa che arrivino i comunicati dalle istituzioni preposte, qualcuno dovrà pur iniziare a dare dei numeri, non vi pare?

Quanto ha perso il turismo italiano dal Covid-19?

Covid-19: quanto ha perso il turismo italiano?

La domanda è semplice, comprensibile, diretta: rispecchia il mio modo di affrontare le questioni. La risposta vorrebbe essere altrettanto cristallina, ma sarà solo una scintilla nel buio cosmico. È infatti davvero complicato avere un quadro complessivo, nonostante si parli di un settore così strategico per il nostro paese.

Iniziamo dall’elemento apparentemente più facile: i turisti. Considerando il provvisorio ISTAT, mancano all’appello circa 415 milioni di pernottamenti. Più o meno l’equivalente di un intero anno pre-pandemico. E poi c’è anche chi non pernotta, ma qua si entra in un terreno molto più scivoloso dove dalle rilevazioni si passa a stime non facilmente comparabili, le cui cifre fanno più fatica a quadrare. Di arrivi internazionali verso l’Italia, comprendenti quindi pernottanti ed escursionisti, il Covid-19 ne ha spazzati via circa 91 milioni, equiparabili a un anno e mezzo pre-pandemico. Questi corrispondono a entrate dirette mancate per oltre 52 miliardi di euro. Naturalmente una parte dei 34 miliardi di euro che gli italiani hanno speso in meno per i viaggi all’estero è stata spesa in Italia, ma il gap rispetto a quello che si rilevava fino al 2019 rimane consistente. La perdita è ancora più significativa prendendo in esame non solo gli effetti diretti, ma anche quelli indiretti e indotti del turismo in Italia: si stimano oltre 143 miliardi di euro in meno rispetto al 2019, tra 2020 e 2022. 

Proseguo con i conti: i confini dell’occupazione turistica sono molto più labili, come già constatato in un post precedente, ma tutte le fonti parlano di un calo significativo tra 2019 e 2021. Le elaborazioni su dati ISTAT, ad esempio, parlano di meno 270 mila occupati (-21%) per le sole attività dei servizi di alloggio e ristorazione e di meno 27 mila imprese. Sempre da ISTAT, per l’intera industria turistica allargata (che si estende anche sulle attività di trasporto, culturali e ricreativo-sportive) il calo degli occupati nel primo semestre del 2022 è di 88 mila unità (-4,4%) rispetto allo stesso periodo del 2019. Una ripresa, già iniziata nel 2021 e che tendenzialmente continuerà anche nel 2023, nonostante le ormai note problematiche relative alla carenza di personale, qualifiche e in generale all’attrattività del settore dal punto di vista occupazionale. Un fabbisogno di nuovi lavoratori che per i prossimi 5 anni viene stimato in quasi 300 mila unità, di cui 180 mila per crescita della domanda e 120 mila per ricambio generazionale.

Quanto ha perso il turismo italiano dal Covid-19?

 Cosa ci abbiamo guadagnato?

I numeri sopra descritti sono un primo, parziale, provvisorio resoconto su quanto il turismo italiano ha perso a causa degli effetti del Covid-19. Ma non è tutto negativo, anzi. Un esempio è il ranking dell’Italia come destinazione turistica internazionale. Pur essendo stata la prima nazione occidentale a essere impattata violentemente dal virus, il 2020 per noi è stato l’anno del ritorno nella top 3 globale, cosa che non succedeva da decenni. 

Quanto ha perso il turismo italiano dal Covid-19?

Un sogno italiano che non si è mai spento nel mondo, anzi si è in certi casi riacceso significativamente, probabile conseguenza di un ritrovato protagonismo dell’Italia a livello internazionale. Questo però sta determinando un vero e proprio esame di maturità del turismo italiano, messo alla prova della propria capacità di evolvere in termini di governance e organizzazione, formare e valorizzare competenze e merito, diversificare obiettivi e offerta, orientarsi alle esigenze dei mercati, creare aspettative e derivarne percezione.

Un ulteriore punto di guadagno sta nel ruolo che le destinazioni sono state chiamate ad avere dalla crisi pandemica: non solo con mere funzioni di promozione, ma come vero e proprio soggetto di management, coordinatore e collettore dei vari interessi particolari degli elementi della filiera. Un riconoscimento che solo pochissimi territori riconoscevano fino a pochi anni fa e che è stato accelerato prepotentemente dalla crisi pandemica, con la leva legislativa a ulteriore supporto.

Concludo con il tema che mi sta più a cuore, ovvero quello della sostenibilità: prima semplice enunciato teorico, ormai diventato de facto l’elemento caratterizzante di una gestione adeguata del fenomeno turistico che attraversa trasversalmente la sensibilità della domanda e di una parte (mi auguro crescente) dell’offerta.

Damiano De Marchi

Damiano De Marchi è Tourism & Destination Expert per The Data Appeal Company. Dopo una laurea e un master in Economia e gestione del turismo, dal 2005 inizia una brillante carriera nel settore turistico in Italia e all’estero in aziende private, enti pubblici e centri di ricerca occupandosi prevalentemente di analisi e di consulenza strategica e operativa. Dal 2010 è inoltre docente e formatore in ambito accademico e professionale. Dal 2019 collabora con UNWTO come Esperto Statistico per lo sviluppo del sistema turistico nazionale di diversi paesi asiatici.

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Damiano De Marchi

Damiano De Marchi è Tourism & Destination Expert per The Data Appeal Company. Dopo una laurea e un master in Economia e gestione del turismo, dal 2005 inizia una brillante carriera nel settore turistico in Italia e all’estero in aziende private, enti pubblici e centri di ricerca occupandosi prevalentemente di analisi e di consulenza strategica e operativa. Dal 2010 è inoltre docente e formatore in ambito accademico e professionale. Dal 2019 collabora con UNWTO come Esperto Statistico per lo sviluppo del sistema turistico nazionale di diversi paesi asiatici.

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