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Ho visto recentemente un video del Word Economic Forum che raccontava come il Giappone avesse lanciato un visto per Digital Nomads di 6 mesi. In pratica sarà possibile vivere e lavorare in Giappone fino a 6 mesi (il visto turistico è 3 mesi) e questo paese è solo l’ultimo di una lista sempre più lunga di destinazioni che hanno deciso di attirare questo tipo di viaggiatori semplificando i processi burocratici.

Qui il video: https://www.weforum.org/videos/japan-digital-nomad-visa/

E qui un interessante articolo del WEF sul fenomeno: https://www.weforum.org/publications/the-rise-of-global-digital-jobs/

Nomadi Digitali: facciamo il puntoÈ indubbio che il fenomeno dei nomadi digitali è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, trasformandosi da una nicchia di avventurosi tecnologici a una vera e propria comunità globale. Fenomeno esploso nella seconda fase della pandemia oggi coinvolge, solo negli Stati Uniti, quasi 34 milioni di persone, seguito dagli oltre 5 milioni in UK (in Italia 900mila persone).

Insomma, in tutto il mondo, sempre più lavoratori scelgono di abbandonare l’ufficio fisso per abbracciare uno stile di vita itinerante, sostenuto dalla tecnologia.

Ho provato anche a cercare i principali termini legati al fenomeno su Google Trends e questo che vedete nell’immagine è il risultato: “digital nomads” surclassa “workation” che pure cresce e lascia per ultimo, con grande distacco “bleasure”.

Nomadi Digitali: facciamo il punto

Per quanto riguarda un po’ di statistiche aggiornate vi rimando a questo link: https://nomadlist.com/digital-nomad-statistics 
Nomadi Digitali: facciamo il punto

Oltre il turismo: il valore economico dei nomadi digitali

I nomadi digitali rappresentano un segmento molto interessante nel panorama dei viaggiatori. Diversamente dai visitatori tradizionali, che spesso si concentrano su attrazioni principali e soggiorni brevi, i nomadi digitali tendono a stabilirsi in una destinazione per periodi prolungati, da alcune settimane a diversi mesi. Questa permanenza estesa si traduce in un impatto economico diversificato e profondo sulle comunità locali. Uno studio dell’Università di Harvard evidenzia come i nomadi digitali tendano a spendere in una varietà più ampia di servizi rispetto ai turisti tradizionali, dall’alloggio a lungo termine ai coworking spaces, dai servizi di lavanderia ai mercati locali, contribuendo in modo sostanziale all’economia di prossimità.

C’è un ampio dibattito se questo stile di vita sia più o meno sostenibile. La loro esistenza itinerante, ma integrata nelle comunità locali, porta sulla carta a un consumo più consapevole e ridotto di risorse. Sono “cittadini temporanei” che arricchiscono il tessuto sociale ed economico senza sovraccaricarlo. La loro presenza è spesso meno invasiva rispetto ai flussi turistici di massa, contribuendo a un turismo più equilibrato e sostenibile. La ricerca di una connessione significativa con il luogo ospitante dovrebbe (il condizionale è d’obbligo!) garantire una spinta dei nomadi digitali verso scelte più rispettose dell’ambiente e della cultura locale.

La connessione è tutto

La vita da nomade digitale si basa su una premessa fondamentale: l’accesso a una connessione Internet veloce e affidabile. L’importanza dell’Ultra Wide Band non può essere sottolineata abbastanza: è il pilastro che sostiene la possibilità di lavorare da qualsiasi parte del mondo. Secondo il Global Digital Report già nel 2021, oltre il 60% dei nomadi digitali indicava la qualità della connessione internet come uno dei fattori principali nella scelta della prossima destinazione. Senza una connettività adeguata, il nomadismo digitale semplicemente non esisterebbe.

Nonostante l’aura di libertà e flessibilità che circonda il fenomeno dei nomadi digitali, non tutto è così brillante e allettante come appare. Secondo uno studio di University of Hawaii intitolato “It’s not All Shiny and Glamorous: Loneliness and Fear of Missing Out among Digital Nomads“, questo stile di vita presenta sfide significative, tra cui la solitudine e il timore di perdersi qualcosa (FOMO). La natura itinerante del lavoro remoto, che a prima vista sembra un ideale di libertà, può in realtà portare a un senso di isolamento e disconnessione dalle reti sociali stabili. Questo studio mette in luce come, dietro le quinte del nomadismo digitale, vi siano battaglie interiori contro la solitudine e l’ansia, alimentate dalla mancanza di una comunità fisica costante e dalla pressione di dover continuamente adattarsi a nuovi ambienti. La glorificazione del nomadismo digitale sui social media spesso omette queste realtà, creando un’immagine distorta che può indurre aspettative irrealistiche nei confronti di questo stile di vita.

È indubbio però che i nomadi digitali stiano ridefinendo il concetto di lavoro e viaggio, mostrando che è possibile vivere in modo sostenibile e integrato nelle comunità locali pur mantenendo una carriera lavorativa. Con una crescita interessante, questo movimento porta con sé nuove sfide e opportunità per le destinazioni che li ospitano. Le città e i paesi che sapranno adattarsi alle esigenze di questa nuova ondata di lavoratori potranno beneficiare non solo economicamente ma arricchirsi di nuove idee e culture, promuovendo al contempo un turismo più sostenibile e consapevole.

Mi piace pensare che, in un mondo sempre più connesso, i nomadi digitali rappresentino il futuro del lavoro e del turismo, una sintesi perfetta tra produttività e esplorazione, sostenibilità e innovazione.

Se volete invece capire il punto di vista del Digital Nomad, o pensate di mollare tutto e iniziare a viaggiare leggete questa interessante guida: Becoming a Digital Nomad: the Good, the Bad, and the Ugly.

Mirko Lalli

Fondatore e CEO di The Data Appeal Company e Travel Appeal e co-fondatore di HICON. È stato Direttore della Comunicazione Corporate di Clouditalia SpA e prima Direttore Marketing e Comunicazione di Fondazione Sistema Toscana, dove ha ideato e coordinato i progetti “ToscanaLab” e la campagna di marketing e promozione della Regione Toscana “Voglio Vivere Così”, la prima campagna al mondo di marketing digitale per il riposizionamento di una destinazione. Speaker internazionale e docente in master e corsi di comunicazione digitale e management per il turismo in diverse università italiane. È Direttore Scientifico di MATIS, Master in Travel Innovation Strategy di H-Farm education. Ha fatto parte del Comitato Innovazione Turismo del Ministero del Turismo e fin dalla prima edizione ha collaborato all’ideazione e alla realizzazione di BTO - Buy Tourism Online; fa parte del Comitato Tecnico Scientifico di BTO Educational. Ha partecipato all'Executive Program di Singularity University in Silicon Valley, nel dicembre 2017.

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Mirko Lalli

Fondatore e CEO di The Data Appeal Company e Travel Appeal e co-fondatore di HICON. È stato Direttore della Comunicazione Corporate di Clouditalia SpA e prima Direttore Marketing e Comunicazione di Fondazione Sistema Toscana, dove ha ideato e coordinato i progetti “ToscanaLab” e la campagna di marketing e promozione della Regione Toscana “Voglio Vivere Così”, la prima campagna al mondo di marketing digitale per il riposizionamento di una destinazione. Speaker internazionale e docente in master e corsi di comunicazione digitale e management per il turismo in diverse università italiane. È Direttore Scientifico di MATIS, Master in Travel Innovation Strategy di H-Farm education. Ha fatto parte del Comitato Innovazione Turismo del Ministero del Turismo e fin dalla prima edizione ha collaborato all’ideazione e alla realizzazione di BTO - Buy Tourism Online; fa parte del Comitato Tecnico Scientifico di BTO Educational. Ha partecipato all'Executive Program di Singularity University in Silicon Valley, nel dicembre 2017.

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