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Le analisi dei vari osservatori circa l’impatto del PNRR sul nostro settore sono, con alcune eccezioni, di tipo corporativo. Le riflessioni si focalizzano sul quantum delle risorse (poche per definizione) e sulle categorie di spese da privilegiare (ognuno ha la sua ovviamente).

Una voce fuori dal coro è Stefano Landi che su Lavoce.info scrive (opportunamente) che i veri  benefici al settore non arrivano dalle voci di spesa che lo riguardano, ma da altri provvedimenti più generali. Resto sulla stessa linea di ragionamento di Stefano e mi spingo oltre. Se fossi un operatore turistico mi preoccuperei solo che il piano funzioni e cioè che investimenti e soprattutto le riforme rimettano in moto l’economia italiana. 

L’Italia non cresce o, quantomeno, non lo fa ai ritmi dei propri peer europei da più di 20 anni. Questo ha un effetto sul reddito disponibile delle famiglie il cui valore aggregato pro capite in termini reali è addirittura diminuito. Ne ho già parlato nel mio post di commento alla prima versione del PNRR. Se il reddito disponibile della famiglie non cresce, avremo meno persone che vanno in vacanza, meno giornate di vacanza e meno spesa per le vacanze.

Il successo delle nostre destinazioni turistiche sui mercati internazionali ha oscurato la rilevante contrazione del mercato domestico. Per capire le implicazioni di questo fatto vi propongo una riflessione a partire dai dati del conto satellite del turismo (CST). 

Il peso della cosiddetta gita fuori porta secondo i dati del CST

Il CST è uno strumento contabile che consente, tra le altre cose, di avere una fotografia del paniere di spesa delle persone che per qualsiasi motivo si muovono dal loro luogo di residenza. Lo strumento ha molti limiti. Sebbene la metodologia si basi su standard internazionali, la sua applicazione può variare. Ad esempio, la definizione di escursionista, cioè di chi si muove dal proprio luogo di residenza per rientravi la notte, benché sia comune, ha applicazioni diverse. In alcuni paesi, lo spostamento deve essere di almeno 100 km, altrimenti si considera che la persona sia ancora nel suo luogo di residenza. Inoltre, la fonte dei dati è di natura campionaria, cioè interviste ad un campione rappresentativo di turisti ed escursionisti. Infine, non sempre c’è corrispondenza tra la composizione del paniere di spesa nelle domande che si fanno agli intervistati, e la rappresentazione delle voci che richiede lo standard CST. In ogni caso, nonostante questi problemi, le indicazioni di fondo fornite sono davvero interessanti. 

Prendete la figura qui sotto dove è rappresentata la spesa per la visitor economy di escursionisti e turisti domestici e internazionali nelle cinque principali economie europee. Le gradazioni di celeste si riferiscono al mercato domestico. Quelle di verde alla spesa del turismo straniero. Il marrone è invece la spesa effettuata da organi governativi per viaggi di lavoro, conferenze, ecc. Cosa salta subito agli occhi? La visitor economy tedesca vale il doppio di quella italiana. Vi dirò di più, la gita fuori porta dei tedeschi sembra valere quasi quanto l’intera economia turistica italiana. Come ho premesso, i dati sono da prendere con le pinze. Quindi vi prego di non soffermarvi sui singoli numeri.

Il succo della storia di questo grafico è molto semplice. Il turismo domestico conta assai, soprattutto nei paesi avanzati e con economia in crescita. Una osservazione banale, ma spesso dimenticata. Giusto per ribadire in altro modo il concetto. Lo scorso anno (2020), caratterizzato da un limitato movimento turistico, soprattutto domestico, le imprese ricettive italiane hanno registrato il 45% del fatturato del 2019 con un buon contributo del turismo internazionale. Francia e Germania sono riuscite a recuperare tra il 55 e il 58% del fatturato del 2019 contando quasi esclusivamente sulla domanda interna.  

L’importanza della gita fuori porta
Un altro dato che suppongo troverete interessante è la composizione del paniere di spesa. Nella figura qui sotto ho comparato cosa comprano nella gita fuori porta i tedeschi e gli italiani. La prima cosa da osservare è il valore complessivo della spesa dei tedeschi per le loro gitarelle: 82 miliardi di euro! Anche se il dato fosse sovrastimato e quello reale fosse solo la metà, il dato impressionante è che la visitor economy in Germania fatturerebbe quanto il turismo internazionale in Italia. Il secondo aspetto da osservare è l’ampiezza degli spicchi degli anelli. In Italia, la voce altro rappresentata dallo spicchio verde (prevalentemente carburante) assorbe una quota rilevante della spesa. In Germania, una bella fetta della spesa per le gite fuori porta, molto più alta in proporzione di quella che va in Italia, va alle attività sportive, ricreative e culturali.  In un paese che economicamente sta bene, il mordi e fuggi  è una discreta linfa alla visitor economy, anche alle attività sponsorizzate dai politici come quelli culturali. Si tratta di un dato sconosciuto ai guru da convegno, ma molto noto a chi legge i dati: con le eccezioni delle località glamour, le esperienze si vendono soprattutto al mercato locale. Su questo tornerò, spero presto, con un apposito post. Il paniere della spesa dei turisti domestici e il confronto Italia-Germania è riportato in un grafico che trovate alla fine del post. 

L’importanza della gita fuori porta

A questo punto ritengo che abbiate compreso l’importanza della domanda turistica domestica e i suoi riflessi sulle imprese turistiche. Non vi suonerà strano leggere nel grafico seguente che il paese dove si registra il maggior fatturato delle imprese ricettive  europee è la Germania. Si tratta di un primato conquistato sia grazie al turismo internazionale (business, e non), sia (soprattutto) alla domanda interna.  L’importanza della gita fuori porta
In conclusione, permettetemi di rispondere a  Gian Antonio Stella che in un suo pezzo molto dibattuto si chiedeva 

Ma vi pare possibile che la Gran Bretagna abbia 672 mila occupati più di noi nel turismo diretto? O che la Germania, per quanto sia ricca non solo di industrie ma di bellezze artistiche e paesaggistiche (dai musei alla valle del Reno) abbia tre milioni e 10 mila addetti al turismo diretto cioè quasi il triplo di noi? Non ci sarà qualcosa di sbagliato nella gestione dell’enorme pepita d’oro che potrebbe essere il nostro turismo?

Si, ci pare non solo possibile, ma logico. Il turismo moderno (e post moderno) si basa ancora su disponibilità di soldi e di tempo. Non tutti hanno entrambi in abbondanza. I tedeschi e gli inglesi che hanno in fondo un buon reddito, hanno limiti di tempo. E nel fine settimana si godono le bellezze del proprio paese. Con i cambiamenti climatici in atto, non solo il fine settimana. Ma di questo parleremo in altre occasioni. 

L’importanza della gita fuori porta

 

 

Antonio Pezzano

Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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Antonio Pezzano assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo é fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. E’ stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN.

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