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Si può parlare di intermediazione e destagionalizzazione in un mondo di Covid?

Gennaio 2022. I contagi in Italia e nel mondo sono nuovamente prossimi alla soglia di allerta, comportando tutte le ben note conseguenze per il comparto turistico.

Al di là dei comunicati stampa, è ormai necessario prendere atto di un elemento: malgrado tutti ci auguriamo il Covid scompaia presto e definitivamente dalle nostre vite, dal punto di vista “imprenditoriale” è necessario inserire la “variabile Covid” per almeno i prossimi tre-cinque anni.

Per principio di prudenza, certo, ma anche per fare in modo che queste condizioni possano favorire l’emersione di nuove nicchie di mercato, di nuove offerte turistiche, di nuove modalità di organizzazione dell’offerta. 

Non solo per i periodi di alta stagione, che sinora hanno mostrato un netto calo dei contagi (ma non è detto che il trend si ripeta identico nei prossimi anni), ma anche e soprattutto per quei periodi di “bassa stagione”, che, fatto salvo per il turismo montano, oltre a presentare un calo strutturale della domanda turistica, oggi si aggravano con l’andamento dei contagi.

È in questo scenario che è necessario riformulare l’offerta turistica del nostro Paese, magari ripensando quel concetto trito e ritrito della destagionalizzazione sviluppando un’offerta specifica su specifici segmenti.

Intermediazione e destagionalizzazione

Sono molteplici i segmenti su cui si potrebbe avviare un’offerta di questo tipo. Sicuramente rientra tra questi un turismo di prossimità, che avrebbe dovuto essere quest’anno la “grande scommessa” del turismo italiano, ma che si è risolta in un poco di fatto. Accanto a tale segmento ce ne sono altri su cui forse bisognerebbe avviare un ragionamento più e un’offerta più incisivi: il turismo “sostenibile” e il turismo “esclusivo”.

Nel primo caso sviluppando e valorizzando Itinerari poco noti, “tutti da scoprire”, con visite e pernottamenti all’interno di borghi con pochissimi abitanti, rivolti principalmente a segmenti giovani, prevalentemente universitari.

Nel secondo caso invece un turismo fatto di esperienze personalizzate, uniche, come le prime lontane dai principali centri urbani, ma a differenza delle prime connotate di forti elementi glamour, come cene stellate, visite a castelli, ecc. ecc.

Nicchie di mercato sicuramente difficili da intercettare, per le quali bisognerebbe rispolverare, almeno per i prossimi due o tre anni, quella figura ormai obsoleta dell’intermediario turistico.

Esatto. Ritornare a un turismo intermediato, ma non più dai grandi player come Booking o affini, né tantomeno dalle “agenzie di viaggio” intese nel senso tradizionale.

Ragionando in termini di mercato, infatti, gli intermediari acquisiscono tanta più importanza quanto più emerge l’esigenza di informazioni affidabili e certe. Se si guarda alle recenti trasformazioni del settore turistico, è infatti visibile che la scelta basata sui “sistemi di reputazione” non è mai davvero scomparsa: semplicemente, dove prima l’influencer d’acquisto era una struttura organizzata (agenzia di viaggi) ora è divenuta la “folla dei non esperti”, aggregati attraverso i vari Tripadvisor&Co.  

Nel momento storico ante-Covid, questi “sistemi di reputazione di massa” sono stati percepiti certamente più affidabili di altri, perché i verdetti che esprimono vengono percepiti (a volte in modo del tutto erroneo) come estranei a qualsivoglia interesse economico. 

Con il Covid, tuttavia, questo meccanismo non è più vero come prima: piuttosto che scegliere la meta turistica sulla base delle opinioni degli utenti, molte persone sarebbero probabilmente più inclini a valutare un’offerta turistica che garantisca sicurezza, assistenza sanitaria, previsione di soluzioni in caso di quarantena, o in caso di positività al tampone.

Un intermediario nuovo, dunque, che permetta ai viaggiatori di scegliere sulla base delle loro effettive esigenze, con un budget di spesa adeguato al “segmento” cui tali viaggiatori appartengono, e che, al contempo, permetta di presentare il nostro Paese come un Paese non solo “sicuro”, ma anche estremamente diversificato.

Sarebbero davvero molteplici le categorie di soggetti che potrebbero beneficiare da un’operazione di questo tipo, a cominciare dalle strutture ricettive, che oggi si scontrano sul “prezzo”, e che ogni anno versano non poche risorse a soggetti come Booking o affini, fino ad arrivare agli stessi Enti territoriali, che spesso demandano la presentazione del proprio territorio ai propri siti istituzionali, non sempre realizzati nel migliore dei modi e ancora soggetti che forniscono servizi turistici (dal car renting alle esperienze turistiche).

Una composizione così variegata di interessi potrebbe essere alla base anche dell’effettiva sostenibilità dell’iniziativa. Non solo perché questa potrebbe rivelarsi utile in tempo di Covid, ma anche e soprattutto come strumento utile per incrementare il flusso di ricavi turistici durante i periodi meno “gettonati”.

Certo, sarebbe del tutto inutile se questo intermediario dovesse assumere la forma del “Sito vetrina” che l’Italia ha più e più volte mostrato di non essere in grado di utilizzare. Ma tale forma non sarebbe affatto necessaria. Basterebbe semplicemente un portale di segmentazione delle richieste, e una fitta serie di “contenuti esterni” (YouTube, Vimeo, Twitch, TikTok, ecc.) e un insieme di operatori professionali “in live-chat”, per poter garantire ai viaggiatori una scelta ampia, e soprattutto, assistita.

Strumenti informatici già esistenti, contratti assicurativi stipulati ad-hoc (in parte anch’essi già esistenti), operatori professionali e “designer su misura dell’esperienza turistica” dislocati nei principali territori “minori”. 

Ci sono due modi di fronteggiare le difficoltà: il primo è attendere che le crisi finiscano (metodo che funziona se la crisi dura poco), l’altro è cogliere l’occasione per rimettere in discussione “tutto”, e trovare soluzioni che, al di là delle difficoltà, possano essere utili anche a crisi ultimata.

In questo senso, la sensazione che il Covid possa incidere sui flussi turistici dei prossimi anni rappresenta davvero l’opportunità per ripensare alcuni elementi base della nostra offerta turistica per poter definire soluzioni e offerte adattive.

Mai come ora, il settore turistico italiano deve smettere di “attendere” il turista. Mai come ora, il settore turistico italiano deve “creare” il turismo. Altrimenti, per molti operatori, i prossimi anni non saranno altro che una potenziale agonia.

Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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