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Quello dei trasporti è un settore estremamente complicato. Coinvolge la logistica, la tecnologia, l’ingegneria e, soprattutto, l’economia.

Al di là delle dimensioni di sicurezza, infatti, ciò che impedisce che ci siano tre corse notturne che collegano tutte le città più importanti delle nostre regioni è banalmente, la necessità di contenere i costi che la previsione di tali corse implicherebbero.

Escludendo per un attimo il concetto di servizio pubblico, che è quello che regola in sostanza la maggioranza dei trasporti diurni, attualmente la dinamica che collega il nostro territorio è centrata sulla domanda.

Numerosi operatori privati attraversano l’intera penisola per collegare le tratte più importanti del nostro Paese. I pendolari della notte corrono su bus che collegano Napoli a Milano, Roma a Torino, Reggio Calabria a Genova.

Le tratte di lunga percorrenza, tuttavia, rappresentano una parte minoritaria degli spostamenti del nostro Paese. L’alta velocità, per quanto importante, non rappresenta la maggioranza degli spostamenti degli italiani, che per più dell’80% si concentrano in spostamenti inferiori ai 30 minuti.

Così, mentre c’è una parte della nostra popolazione che rappresenta una concreta domanda di spostamenti, per la quale ci sono spesso soluzioni, c’è tutta un’altra parte di cittadinanza che rappresenta, in una logica di sviluppo, un enorme bacino di domanda potenziale.

La domanda potenziale di persone che da Siena vorrebbero trascorrere una serata a Firenze, o che da Caserta si sposterebbero a Napoli, così come da Cremona a Milano.

Si tratta, tuttavia, di una domanda latente, che richiederebbe decenni di investimenti prima di esprimersi in tutta la sua potenzialità, ma che potrebbe generare un cambiamento culturale notevole per le nostre città.

La disponibilità di corse potrebbe infatti stimolare, con il tempo, una maggiore mobilità dedicata al tempo libero, e potrebbe altresì favorire un’estensione delle attività culturali e di intrattenimento,  estendendo la potenziale platea di riferimento.

Si pensi, banalmente, ad un concerto di un artista emergente in una città “minore”: ad oggi, la platea di riferimento per tale artista è tendenzialmente rappresentata dagli abitanti della città in cui si esibisce, e da coloro che, nelle città vicine, apprezzano tale artista.

Cosa accadrebbe se, invece, ci fossero spostamenti ricorrenti tra le due città e fosse normale per un gruppo di amici di Cosenza trascorrere la propria serata a Catanzaro, e rientrare con uno degli autobus notturni?

Non è da escludere, ad esempio, una tendenziale crescita del coordinamento tra le attività culturali e di spettacolo tra tali città, così che se un venerdì sera, a Cosenza, non ci dovesse essere nulla di interessante da fare, molti dei ragazzi potrebbero scegliere di andarla a vedere quella band, che in fondo non è famosa, ma è un modo per passare la serata in modo “diverso”.

Da una banale corsa autobus, potrebbe derivare dunque un incremento della domanda culturale, e di conseguenza un incremento dell’offerta. Così come un potenziale incremento dei consumi, sia dei cittadini, che dei turisti.

Le mete del nostro Paese sono note, e gli sforzi sinora adottati per cercare di traghettare parte dei turisti in aree meno inflazionate del nostro Paese non stanno dando i risultati sperati.

Del resto, tra Lucca e Roma, per la categoria più diffusa di turisti, la scelta è tendenzialmente scontata.

Eppure, da quella banale corsa autobus potrebbe derivare una scelta che si configurerebbe in modo diverso: vai a Roma oppure vai a Lucca-Livorno-Pistoia-Massa?

Si tratterebbe, a ben vedere, di sviluppare modalità intelligenti (e poco inquinanti) per adeguare al nostro Paese una visione territoriale che, al posto del 15-minute city, propone una visione di 1-hour-region.

Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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Stefano Monti

Partner Monti&Taft, insegna Management delle Organizzazioni Culturali alla Pontificia Università Gregoriana. Con Monti&Taft è attivo in Italia e all'estero nelle attività di management, advisory, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di un decennio fornisce competenze a regioni, province, comuni, sovrintendenze e ha partecipato a numerose commissioni parlamentari. Si occupa inoltre di mobilità, turismo, riqualificazione urbana attraverso la cultura. È autore e curatore di numerosi libri e frequente relatore di convegni. Il suo obiettivo è applicare logiche di investimento al comparto culturale e turistico.

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