Tutti amiamo dirci green. Ma quanti amano davvero i sistemi, i numeri e le procedure che lo rendono concreto? Per anni eco-etichettature e certificazioni ambientali sono stati promossi come strumento win-win: fanno bene all’ambiente, e al portafoglio. Dopo tanto tempo, la domanda è inevitabile: che effetto reale hanno?
Manuali, agenzie e policy maker le hanno spesso celebrate come un vantaggio competitivo, capaci di attrarre clienti attenti alla sostenibilità. Ma la ricerca scientifica e l’esperienza diretta di imprese e destinazioni raccontano altro: nella maggior parte dei casi, l’etichetta non sposta davvero la domanda. La loro utilità sta altrove.
Il limite delle certificazioni come strumento di marketing
Ne ho già parlato su questo blog. Tutti dicono di voler viaggiare sostenibile. Nelle survey, la maggioranza dei turisti giura che sceglierebbe hotel e servizi “green”. Poi, però, davanti al bottone prenota, vincono sempre gli stessi criteri: prezzo, posizione, comfort. È il famoso attitude–behaviour gap: belle intenzioni da una parte, comportamenti concreti dall’altra. In più, il termine “sostenibilità” resta vago, pieno di significati diversi, mentre etichette e certificazioni ambientali sono spesso sconosciute o percepite come marketing di facciata. Risultato: tante narrazioni, poche scelte coerenti.
Con i colleghi di Acta-Sensi Contemporanei, un’impresa sociale di cui faccio parte, stiamo passando in rassegna gli studi più robusti su questi temi. La storia è sempre la stessa. A chi è interessato ad approfondire questi temi nel nostro settore, consiglio gli studi di Sara Dolnicar, professoressa di marketing all’Università del Queensland (Australia) e una delle massime esperte mondiali di comportamento dei turisti. I suoi studi pionieristici hanno messo in luce il cosiddetto attitude–behaviour gap: la distanza tra ciò che i viaggiatori dichiarano di volere — turismo sostenibile, pratiche green — e ciò che realmente fanno quando scelgono e prenotano. Le sue ricerche sono oggi un punto di riferimento internazionale per chiunque si occupi di turismo responsabile. Lo studio quasi-sperimentale con il suo collega Karlsson (2016) in Islanda, ad esempio, ha dimostrato che la certificazione non ha inciso sulle vendite delle camere: i clienti non sceglievano un hotel perché eco-certificato, ma per altri motivi più concreti.
Allo stesso modo, Yang e colleghi (in pubblicazione nel 2026) sottolineano come l’idea di “green hotel” resti vaga, con standard non uniformi e poco riconoscibili per il cliente medio. Arbelo e colleghi (2025) sono meno categorici: mostrano che l’impatto sui ricavi è variabile. Il “green premium” esisterebbe in alcuni contesti, ma spesso non compensa i costi della certificazione, soprattutto per le piccole imprese. Come notano Font e colleghi (2025), certificarsi ha dei costi fissi nella procedura e negli investimenti. Se c’è la dimensione per assorbirli bene, altrimenti non conviene.
Il valore come bussola gestionale
La buona notizia è che i sistemi di certificazione e gli eco-label risultano invece molto più utili come vincolo esterno per l’organizzazione interna. Ottenere e mantenere una certificazione significa doversi dotare di processi strutturati di gestione ambientale: monitoraggio dei consumi, procedure per i rifiuti, politiche di acquisto, formazione del personale, trasparenza verso i clienti.
Un esempio concreto: diversi alberghi portoghesi analizzati da Dias et al. (2024) hanno dichiarato che la certificazione non ha portato più ospiti, ma li ha costretti a introdurre sistemi di monitoraggio energetico e idrico che hanno generato risparmi tangibili sui costi operativi. Similmente, lo studio su recensioni TripAdvisor di oltre 10.000 hotel “sostenibili” (Iodice et al., 2025) evidenzia come i clienti raramente notino il marchio, ma percepiscano positivamente pratiche concrete come riduzione plastica o colazioni locali.
In questo senso, l’eco-label diventa un driver di disciplina gestionale. Non è il logo sul sito web a fare la differenza, ma il fatto che l’impresa si obbliga a rispettare standard e a rendere conto periodicamente. È un vincolo che aiuta a trasformare la sostenibilità da narrazione a pratica quotidiana, inserendola nei sistemi decisionali e nei processi operativi.
Per approfondire
Se guardiamo alle politiche e agli strumenti green nella prospettiva del marketing, rischiamo di restare delusi. La ricerca lo dice chiaro: non bastano a portare nuovi clienti. La loro vera forza è altrove: costringono le imprese a gestirsi meglio, a introdurre processi, a rendere la sostenibilità parte della routine quotidiana. In altre parole, sono utili come vincoli di gestione, non come slogan pubblicitari.
È da questa consapevolezza che partono i due panel di BTO 2025 (11–12 novembre, Stazione Leopolda, Firenze) dove ho messo lo zampino
- “Rotta verso la sostenibilità: DMO e istituzioni tra idealismo e governance efficace”
Qui allarghiamo lo sguardo alle destinazioni. Non parliamo solo di certificazioni green, ma di strategie: piani territoriali, sistemi di monitoraggio, incentivi, governance. L’obiettivo è capire se tutte queste iniziative hanno prodotto trasformazioni reali nelle destinazioni e quali impatti concreti si vedono oggi sull’esperienza dei visitatori e sulla conservazione delle risorse naturali e culturali. - “From Aspiration to Action: Building Truly Sustainable Hospitality”
Questo panel scende invece nel cuore delle imprese. Parliamo di azioni pratiche che fanno la differenza per gli ospiti e per il business: dall’analisi dei comportamenti dei viaggiatori, ai criteri di selezione dei grandi player, fino ai consigli di chi ogni giorno gestisce un hotel e deve ridurre sprechi, consumi e incoerenze.
Due prospettive diverse ma complementari: la cornice delle destinazioni e la pratica quotidiana delle imprese. Con un messaggio comune e semplice: la sostenibilità non è un’etichetta da esibire, è un lavoro quotidiano che richiede metodo, strumenti e coerenza.
Qui sotto i paper che ho citato, sono tutti ad accesso libero on line
- Karlsson, L. & Dolnicar, S. (2016). Does eco certification sell tourism services? Journal of Sustainable Tourism.
- Yang, Y. et al. (2026). Deciphering the Green Hotel Enigma.
- Arbelo, A. et al. (2025). Green premiums: assessing the revenue impact of eco certification in hotels.
- Sayed Elhoushy, Yehia Elzek, Xavier Font (2025) Sustainable tourism certification: a systematic literature review and suggested ways forward, In: Journal of sustainable tourismpp. 1-27
- Dias, A. et al. (2024). What Is the Value of an Environmental Certification Label for Tourism Establishments?
- Iodice, S. et al. (2025). The Place and Role of Environmental Labels for Tourist Accommodation Services










