Recensioni online e trasparenza: il codice europeo che (forse) ci serviva…
Nel mio lavoro quotidiano tra reception, analisi dati e consulenze per strutture ricettive, c’è una costante che accomuna hotel di ogni dimensione e destinazione: il peso crescente delle recensioni online. Non sono più una semplice cartolina lasciata dagli ospiti, ma un asset strategico, una minaccia latente, un acceleratore di prenotazioni o una zavorra difficile da scrollarsi di dosso. Dipende dai punti di vista. E dalla piattaforma.
Chi lavora nel settore lo sa: negli ultimi anni, la reputazione online è diventata una valuta parallela. Spesso, la prima impressione di un potenziale ospite non la fa il sito ufficiale, né una bella foto su Instagram, ma un aggregatore di recensioni. TripAdvisor, Booking, Google, Expedia… una pletora di voci, più o meno attendibili, che creano aspettative, talvolta inflazionate, altre volte sottovalutate, ma sempre determinanti.
Ed è proprio da questo contesto che nasce il nuovo Codice di condotta dell’Unione Europea sulle recensioni online, firmato da alcuni dei principali attori dell’intermediazione digitale: TripAdvisor, Expedia Group, Booking.com, Amazon, Google e Trustpilot. Un documento volontario che mira a stabilire linee guida comuni in tema di trasparenza, autenticità e gestione delle recensioni.
Cosa prevede il nuovo Codice
Presentato ufficialmente il 20 settembre 2025, il Codice europeo non ha valore legale, ma intende rappresentare un primo passo verso una maggiore tutela di consumatori e imprese. I firmatari si impegnano a:
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Verificare l’autenticità delle recensioni, adottando misure tecniche per limitare il rischio di recensioni false o manipolate.
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Rendere trasparente l’origine delle recensioni, indicando se provengono da clienti verificati o se sono incentivati (con premi, sconti, ecc.).
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Permettere il diritto di replica alle imprese in tempi congrui e visibili.
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Distinguere chiaramente tra contenuti sponsorizzati e recensioni organiche.
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Fornire statistiche e dati aggregati alle autorità competenti per monitorare l’evoluzione del fenomeno.
Secondo la Commissione Europea, questa iniziativa potrebbe contribuire a contrastare un fenomeno che solo nel 2023 ha generato una perdita stimata di oltre 150 miliardi di euro a causa di recensioni ingannevoli, danneggiando imprese virtuose e fuorviando i consumatori.
Un passo avanti, ma serve di più
Lo sappiamo però, non tutte le recensioni sono uguali. Ci sono quelle scritte a caldo, spesso emotive, e quelle più meditate. Quelle che descrivono fatti oggettivi e quelle dettate da impressioni soggettive o aspettative distorte. E poi ci sono le recensioni deliberatamente false, lasciate magari da chi non ha mai soggiornato, o da competitor poco corretti.
Nel mio hotel, come in tanti altri, ho visto casi di ogni tipo. Recensioni in copia e incolla su più piattaforme, critiche astratte su dettagli mai riscontrati, commenti lasciati da utenti con profili creati da poche ore. Tutti episodi che, se non gestiti bene, possono impattare pesantemente sul punteggio medio e, di conseguenza, sulle prenotazioni. Perché, dati alla mano, il 91% dei viaggiatori legge le recensioni prima di prenotare, e per il 74% un punteggio inferiore a 8 su 10 è un deterrente sufficiente per passare oltre (fonte: Expedia Traveller Value Index, 2024).
In questo contesto, il Codice europeo è un passo nella giusta direzione. Ma da solo non basta.
La reputazione è nelle mani dell’algoritmo
Una delle sfide maggiori riguarda la visibilità e l’ordine delle recensioni. Chi decide quali recensioni leggere per prime? Come viene calcolato un punteggio medio? Quante volte viene mostrata una recensione negativa rispetto a una positiva? E soprattutto: perché non abbiamo pieno controllo sulla nostra scheda, pur essendo noi a offrire il servizio?
Nel corso delle mie consulenze, ho spesso rilevato una frustrazione crescente da parte degli albergatori, soprattutto di piccole e medie strutture, nei confronti di piattaforme che agiscono da giudice e giuria, senza offrire reali strumenti di difesa. Anche quando una recensione è palesemente infondata, la procedura di contestazione è lunga, farraginosa e raramente efficace.
Una vera trasparenza dovrebbe passare anche da algoritmi chiari, punteggi verificabili, strumenti di gestione condivisi tra piattaforma e operatore. In questo senso, sarebbe auspicabile che il Codice si evolvesse in una normativa vincolante, capace di garantire equità e tutela per entrambe le parti.
E in Italia?
Il mercato italiano, caratterizzato da una prevalenza di micro-imprese e una forte stagionalità, è particolarmente vulnerabile. Una singola recensione negativa in alta stagione può causare un danno reputazionale difficile da recuperare. E ancora oggi molti operatori faticano a gestire in modo strategico la propria presenza online.
Spesso manca una formazione adeguata, ma anche tempo e risorse per monitorare quotidianamente più piattaforme in assenza di tool dedicati, rispondere in modo tempestivo e curare la narrazione dell’esperienza.
Inoltre, nel nostro Paese manca una vera rete di tutela per le imprese turistiche rispetto agli abusi digitali. Sarebbe utile un osservatorio nazionale permanente sul tema, con task force dedicate, linee guida specifiche e supporto legale per i casi più gravi.
Dall’abbondanza alla fiducia
Nel turismo del futuro, non vincerà chi ha più recensioni, ma chi saprà costruire relazioni di fiducia autentica. Non dobbiamo inseguire algoritmi o premere per avere “più stelle”, ma imparare a leggere, interpretare e raccontare le recensioni come parte integrante della nostra identità.
È anche il modo migliore per smettere di vivere ogni commento come un’ansia e iniziare a usarlo come leva di miglioramento continuo. Ma per farlo, serve un ecosistema digitale più trasparente, bilanciato e condiviso. Il Codice europeo è un primo passo. Adesso dobbiamo fare i successivi, insieme.
Fonti:
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European Commission – Online Reviews Code of Conduct
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European Consumer Organisation (BEUC) Whitepaper on Digital Platforms and Consumer Trust, 2023