Il peso sempre maggiore della reputazione per gli operatori turistici ha spinto molte aziende a sviluppare nuovi metodi per la raccolta e l’analisi dei big data, ma è imprescindibile porre l’attenzione su alcuni aspetti della metodologia per capirne l’affidabilità.
Nella storia dello studio del comportamento d’acquisto del consumatore molto spazio è stato dato al concetto di rischio, visto che il livello di benessere crescente e il conseguente aumento della vita media ha portato gli individui a riflettere sempre di più sul tema, creando una coscienza del rischio, che retroagisce sulla società portandola a pretendere sempre maggiori livelli di sicurezza (Slovic, 1997).
La ricerca di informazioni puntuali, tempestive e precise è ormai un fattore determinante per un utente (individuale, ma anche collettivo) nel processo di mitigazione della percezione del rischio, sia esso statisticamente e oggettivamente dimostrabile o solamente percepito in maniera partecipativa, ovvero basato su esperienze e dimensioni personali e per questo soggetto a distorsioni di giudizio.
Ridurre l’incertezza ha quindi un ruolo chiave nel processo che porta alla decisione di effettuare o meno un acquisto, specialmente quando si tratta di una transazione virtuale, dove alla complessità tecnica si associa il rischio finanziario della transazione stessa.
Nel turismo, questo diventa ancora più importante per una molteplicità di fattori:
- per le caratteristiche stesse degli elementi del prodotto, come l’intangibilità che porta un divario temporale dal momento della scelta a quello della fruizione, in cui la promessa acquistata diventa esperienza vera e propria;
- per il costo, non solo monetario;
- per la distribuzione prevalentemente online;
- per il potenziale emotivo dato al viaggio / vacanza e alle conseguenze negative che un errore potrebbe recare, sia per sé sia per gli altri.
Ancora più che in altri settori, il consumatore è spinto a mettere in atto una ricerca di informazioni che riducano il rischio a un livello accettabile e in questo i giudizi, le recensioni e le opinioni di altri utenti diventano un fattore determinante di scelta non solo tra le aziende, ma anche per le diverse destinazioni.
Si contano ormai a centinaia gli studi sulla correlazione tra user-generated content (UGC) e le vendite, che riducono l’incertezza e il rischio percepito (Chen, 2004) e addirittura modificano l’atteggiamento stesso del consumatore verso il prodotto o il brand in generale (Eastin, 2015).
È inoltre ampiamente dimostrato quanto il tema della reputazione abbia un’influenza diretta non solo sul processo di acquisto, ma anche e sempre di più sul modo di approcciarsi e vivere un territorio e di conseguenza entrare in quel processo di coinvolgimento e fiducia che è la vera chiave di successo per operatori e destinazioni (Almeida-Santana, 2017; Park, 2019).
Non è quindi strano che anche in Italia, specialmente negli ultimi mesi, siano molti i soggetti che hanno iniziato a lavorare su questo tema, scontrandosi con la necessità di seguire metodologie adeguate a fornire risultati scientificamente corretti e con l’estrema difficoltà di pulire e domare big data che hanno ordini di grandezza dei miliardi.
Ne cito alcuni che hanno avuto una certa rilevanza ed eco mediatica:
- The Data Appeal Company che ha costruito un data lake immenso (solo per l’Italia si contano centinaia di milioni di contenuti su decine di canali diversi) e algoritmi proprietari di intelligenza artificiale e machine learning per l’analisi e la gestione della reputazione, creando report, prodotti e soluzioni per estendere gli orizzonti anche al di fuori del mondo del turismo, diventando un punto di riferimento in Italia per l’innovazione nei servizi proprio per il lavoro fatto a supporto delle destinazioni e dei territori. Tra i report di riferimento ci sono le ricerche di Tutti i Dati d’Italia di Italia Destinazione Digitale, che ogni anno presenta a TTG un report esaustivo sulla reputazione delle nostre regioni, in base al quale vengono assegnati i riconoscimenti dell’omonimo premio. Di recente, è stato condotto anche un’interessante analisi sull’impatto del Covid-19 sul turismo italiano in collaborazione con Sojern.
- Demoskopika, gruppo italiano per le ricerche di opinione e di mercato, che ha pubblicato recentemente un’interessante report relativo all’Indice di Reputazione delle Regioni Italiane, basato sulla numerosità di like, follower, pagine e ricerche di “Nome Destinazione” nel settore viaggi e di “vacanze Nome Destinazione 2020” sui principali social, OTA e Google per definire una classifica nazionale.
- Extreme, società romana partner di grandi marchi ed enti, che per ENIT fornisce dati sull’ascolto social e trend sul coronavirus, fornendo un sentiment complessivo rispetto all’Italia basato sull’analisi dei contenuti nei quali si parla di Italia/coronavirus nella comunicazione internazionale web e social, classificati secondo macro-temi.
- Sociometrica, fiore all’occhiello di Antonio Preiti, che a gennaio ha proposto un tentativo limitato a Tripadvisor di analisi semantica in collaborazione con Expert System su 135k recensioni in inglese relative a 35 località italiane per stilarne una classifica basata sul sentiment.
Pur ritenendo che ogni esperimento sia un passo in avanti nella diffusione della consapevolezza dell’importanza della reputazione nel nostro paese, va posta l’attenzione su alcuni fattori chiave che ne determinano la rilevanza dei risultati:
- Una grande attenzione alle definizioni e alle metodologie utilizzate: ad esempio l’analisi del sentiment è un processo ben codificato (Hussein, 2018) che richiede l’uso di elaborazione del linguaggio naturale (Natural Language Processing), un’analisi testuale e tecniche computazionali che automatizzino l’estrazione o la classificazione del sentiment dai contenuti analizzati.
- Non esiste un risultato affidabile se al processo di raccolta dati non si affiancano procedure automatizzate e strutturate di data quality, che siano in grado di individuare ed eventualmente correggere outliers, ovvero anomalie e potenziali inconsistenze.
- L’ottica utilizzata dev’essere sia quantitativa che qualitativa, ovvero associare ai numeri assoluti e alle variazioni una lettura dei contenuti, eseguita il più possibile nel proprio linguaggio naturale, nella loro lingua originale e con tecniche di analisi semantica specifiche per il settore di riferimento.
- L’estensione dell’analisi, coinvolgendo il più ampio numero di tipologie di contenuti, di canali e di punti di interesse – anche di comparti diversi – per riuscire a individuare indicazioni valide e utili per destinazioni e singoli operatori.
Con il nuovo ciclo di SOS Destinations e con futuri articoli ho intenzione di continuare l’approfondimento di questo tema, fondamentale per delineare strategie e risposte adeguate sia per la difficile situazione contingente e che non ha soluzioni predefinite, sia per la pianificazione di uno sviluppo sostenibile tra imprese, territori e comunità che li abitano.
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