Promozione turistica? Sì, proseguono i nostri post dedicati alla promozione turistica, che abbia inizio la decima puntata!
Un dialogo (inventato) per impostare la strategia di branding della campagna
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I dati del funnel riflettono (al netto di questioni geografiche) le quote di mercato. I paesi più visitati dai turisti americani fanno meglio in tutte le posizioni. Ammesso che il funnel abbia senso, se i dati che avete non sono corretti per la quota di mercato, non ci dicono tanto. Chi è stato già in un posto, tende chiaramente a ricordarlo meglio di un luogo dove non è stato e, se è stato bene (il che avviene in 90 casi su 100), a volerci ritornare. Se volete una conferma di quanto vi abbiamo detto, basta leggere nel vostro report di analisi che chi è già stato in Australia tende ad associarvi di più ad alcune caratteristiche di chi non ci è già stato.
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Inoltre, nelle indagini di questo tipo, le risposte alle domande tendono ad essere probabilistiche. Il tipo di domanda, il mezzo utilizzato, il periodo e tante altre variabili di contesto possono influenzare le risposte. Cosa vuol dire? Beh, se monitorate i dati con una certa costanza, aspettatevi di vedere cambiamenti (anche vistosi) anche in assenza di azioni di marketing.
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Il modo di misurare le intenzioni di viaggio influenza la qualità dell’informazione. L’uso di scale di probabilità (ad esempio, da 0 a 10, quanto è probabile che entro due anni farai un viaggio in una destinazione X) è molto più efficace a catturare la reale intenzione. Il modo di misurare tradizionale – utilizzato nelle vostre indagini – non è capace di cogliere la reale intenzione di viaggio. E poi, perché affannarsi a monitorare questo dato quando è dimostrato (dalla fine degli anni 60 fino a ieri) che è molto probabile che la maggior parte dei nuovi clienti (turisti) ogni anno viene dalla coorte che non aveva dichiarato di voler visitare un certo paese.
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Per quanto riguarda le percezioni, soprattutto quelle relative alla lontananza, sarebbe stato interessante avere il confronto con i vostri paesi concorrenti (sempre non considerando chi è già stato nel paese valutato). Purtroppo, questo dato non c’è e consideriamo valida la vostra analisi, ma non ci stupiremmo di trovare un dato dove si evince che in termini di percezione di distanza non è che facciamo cosi peggio dei cugini europei. Il perché è presto detto. Uno degli indicatori sui quali basate la vostra decisione (la percentuale di dichiaranti volare è molto costoso) è in linea con i dati registrati per tutti i tipi di viaggio.
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Ma siete proprio sicuri che la maggior parte dei potenziali turisti americani sceglie l’Australia (o un’altra destinazione) con un modello decisionale configurabile con il funnel? Dalle vostre indagini si evince che il 50% del campione alla fine della fiera si affida a tour operator e agenti di viaggio? Non è che il modello decisionale è meno gerarchico di quanto sembra e quindi che i numeri sul funnel sono da prendere con le pinze?
La strategia: gli obiettivi specifici della campagna di comunicazione
- Incrementare con un tasso a doppia cifra il numero di turisti potenziali intenzionati a visitare l’Australia. Per dirla con le loro parole, passare dalla destinazione dei sogni (one day bucket list) alla destinazione del prossimo viaggio (to do list). La cosa interessante che si legge nel report di analisi di caso del premio EFFIE è che questa scelta è coerente con le scelte strategiche a monte, ma mette in soffitta il tradizionale approccio seguito fino a quel momento. Mi spiego. Fino a quel momento, la strada maestra era micro-targeting basato sul promuovere e vendere le singole esperienze. Aumentare la quota di mercato implica un approccio differente che incide sulla percezione di fondo del viaggio in Australia e quindi una strategia di comunicazione differente.
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Posizionare l’Australia come un bel posto da visitare con gente irriverente.
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Riposizionarla rispetto alla percezione della distanza geografica.
Epilogo della promozione turistica
Tuttavia, un indizio che tale cambiamento non è stato strutturale lo dà Google Trend. Nell’ipotesi (tutta da validare) che l’intenzione di viaggio sia correlata alla ricerca su google, dovremmo vedere un trend di crescita del termine Australia. Come potete vedere con i vostri occhi tale trend non c’è.
Fabula Docet
Che lezioni trarre dal caso di TA? Penso che le informazioni disponibili (non solo su questi post, ma anche ai link che vi ho fornito) siano adeguate a consentirvi di farvi un’idea autonoma. Personalmente ho molto apprezzato il percorso di definizione della strategia e l’aver avuto il coraggio di mettere da parte alcune convinzioni. Il successo mediatico è indiscutibile. Quanto alla domanda di fondo e cioè perché una campagna di successo mediatico non si traduce nel successo commerciale sperato, non ho una risposta definitiva. Le ragioni possono essere tante. Dal mio punto di vista le attese erano veramente implausibili. Difficile raddoppiare il numero dei turisti in soli tre anni. Come è difficile pensare a tassi di crescita superiori a quelli comunque registrati. Ho già segnalato che nel 2019 la quota di mercato aumenta, anche se in modo impercettibili (passata da 1,4 a 1,5%). Quindi i flussi turistici dagli Stati Uniti sono cresciuti in linea con il trend di crescita del mercato e nel 2019 anche di un pelino in più. Insomma, non il successo sperato, ma comunque successo è stato.
Più in generale, questo caso conferma che anche le NTO obiettivamente più organizzate e ricche (come TA) non hanno sistemi di brand tracking in linea con gli stardard metodologici per valutare gli impatti delle campagne pubblicitarie di promozione turistica e non solo. Il caso inoltre dimostra che le osservazioni di alcuni esperti e accademici circa la robustezza dei dati del funnel sono valide. Indicatori come la Considerazione e l’Intenzione di visita si dimostrano molto probabilistici. Ritengo, tuttavia, che rimangano indicatori rilevanti e da seguire (purché con le giuste metodologie) se si crede nella pubblicità come mezzo persuasivo.
Faccio un’ altra riflessione. La teoria che vede nella pubblicità una forza persuasiva in grado di spostare le montagne (quella tradizionale del funnel) è coerente con ambizioni come quelle di Tourism Australia. Forse è arrivato il momento di cambiare prospettive e considerare che anche nel turismo e nei viaggi a lunga distanza valgano le ipotesi confermate in altre categorie di beni e servizi. La pubblicità non funziona come strumento di persuasione e quindi, nel breve periodo, non muove montagne. Il funnel è prevalentemente un riflesso delle quote di mercato. Essere in cima alle intenzioni di viaggio o una meta dei sogni non è condizione sufficiente per essere poi realmente visitati. La pubblicità non sposta le montagne, ma semplicemente ricorda che la nostra destinazione è sulla mappa. Ma di questo ne parleremo nei prossimi post.
Per vedere gli altri post della serie Ragionamenti attorno alla promozione turistica. Presto la puntata 11 dei Ragionamenti attorno alla promozione turistica.
Photo by Joey Csunyo on Unsplash